
Roma, fingono una perquisizione e rubano 36mila euro: arrestati 3 poliziotti

Un furto travestito da perquisizione: è quanto avvenuto il 27 marzo scorso a Roma, in un appartamento di via Carmelo Maestrini, nel quartiere Mostacciano. Tre agenti della Polizia di Stato, in servizio presso il commissariato Salario Parioli, sono stati posti agli arresti domiciliari per essersi introdotti nell’abitazione con l’inganno, mostrando i distintivi in dotazione e simulando un controllo domiciliare. Una volta dentro, hanno ordinato ai proprietari di rimanere in soggiorno e hanno aperto la cassaforte nella camera da letto, prelevando 35.900 euro in contanti, richiudendola poi e portando via le chiavi. Con loro c’era anche un complice, un cittadino albanese.
“Gli indagati si sono avvalsi della qualifica di agenti per compiere un atto gravemente lesivo della fiducia pubblica”, ha dichiarato il procuratore di Roma Francesco Lo Voi, che ha definito i responsabili “elementi malsani delle forze dell’ordine”.
Il questore di Roma, Roberto Massucci, ha disposto la sospensione cautelare per i tre agenti coinvolti nella rapina. La misura è stata estesa anche ad altri due poliziotti appartenenti a un altro commissariato capitolino, implicati in un’inchiesta parallela legata al traffico di droga. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile su mandato della Procura, hanno portato a sei misure restrittive complessive e all’iscrizione nel registro degli indagati di altri cinque agenti.
“La fiducia nella Polizia non viene meno, anzi è rafforzata dal lavoro degli investigatori che hanno saputo individuare rapidamente i responsabili”, ha aggiunto Lo Voi, sottolineando la prontezza della risposta interna all’accaduto.
Nel corso di un’indagine distinta, sono stati arrestati due agenti del commissariato San Lorenzo, accusati di connivenza con una rete di spaccio nella Capitale. I due avrebbero omesso di sequestrare diversi chili di hashish e non avrebbero proceduto all’arresto di un noto trafficante. Peggio ancora, avrebbero ceduto 60 chili di stupefacenti sequestrati a un altro componente della banda come pagamento per informazioni riservate.
L’intera vicenda getta un’ombra sulle forze dell’ordine romane, ma al contempo mette in evidenza la capacità degli organi investigativi di agire con fermezza anche contro elementi deviati all’interno delle istituzioni.