
Condanne per maltrattamenti e torture sui disabili al CEM della Croce Rossa

Si è concluso con tre condanne e un’assoluzione il processo con rito abbreviato che ha portato alla sbarra quattro dei dieci operatori sociosanitari accusati dalla procura di Roma di agghiaccianti episodi di maltrattamenti aggravati e tortura ai danni di pazienti con gravi disabilità psicofisiche del Centro di educazione motoria (Cem) della Croce rossa italiana di via Ramazzini.
Il tribunale ha inflitto due condanne a due anni e quattro mesi per il reato di maltrattamenti, mentre l’operatore accusato anche di tortura è stato condannato a tre anni e quattro mesi. Assolto, invece, il quarto imputato, coinvolto in un singolo episodio di maltrattamenti come testimone che non aveva denunciato l’accaduto, con la formula «per non avere commesso il fatto».
Oltre ai familiari delle vittime e all’associazione Agecem (Associazione genitori centro educazione motoria), nel processo si è costituita parte civile anche la Croce rossa italiana, che con una denuncia presentata nell’aprile 2023 aveva dato il via alle indagini, dopo aver notato un paziente con un’evidente ecchimosi al volto.
La sentenza è stata accolta con soddisfazione dal presidente della Croce rossa di Roma, Francesco Pastorello: «È una vicenda grave, a noi interessava assicurare che ci fosse il pieno controllo sulla attività del centro e che persone che hanno adottato dei comportamenti che sono contrari alle finalità dell’associazione fossero sanzionate e punite».
Anche l’avvocato penalista Mauro Barone, legale di parte civile per alcuni parenti delle vittime e per l’associazione Agecem, ha espresso la sua «soddisfazione»: «Sia per la rarità di una condanna per tortura e sia perché finalmente si accende un riflettore sulle condizioni in cui sono costrette a vivere alcune categorie di pazienti con gravi disabilità». L’avvocato Barone ha poi aggiunto: «Le immagini che hanno restituito le telecamere nascoste hanno evidenziato un vero e proprio clima diffuso di terrore tra gli utenti, soggiogati dai modi barbari ed irrispettosi dei diritti fondamentali da parte di coloro che avrebbero dovuto tutelarli».
Sono state proprio le telecamere installate all’interno del centro dai carabinieri del nucleo investigativo, coordinati dal sostituto procuratore Francesco Gualtieri, a svelare la drammatica realtà che si consumava all’interno della struttura, definita una vera e propria «galleria degli orrori».
Le indagini hanno portato alla luce un quadro di violenze fisiche e psicologiche pressoché continue: insulti, schiaffi, calci, pugni, capelli tirati, sediate, aggressioni verbali. Frasi come «Sveglia, metti le ciabatte…forza», seguite da schiaffi e pugni sulle gambe, oppure minacce come «Con l’acqua bollente ti faccio lavà» e «tu oggi fai i conti con me» erano all’ordine del giorno.
Gli abusi e le vessazioni sono proseguiti per mesi, precisamente dal 10 giugno al 18 ottobre del 2023. Lo scorso luglio, sette operatori erano finiti agli arresti domiciliari, mentre per altri tre era stata disposta la sospensione dalla professione. Due di loro sono stati rinviati a giudizio e affronteranno il processo con rito ordinario. Altri due, accusati di maltrattamenti e che hanno già offerto risarcimenti alle vittime, hanno patteggiato una pena di 4 anni con detenzione domiciliare. Infine, altri due operatori hanno patteggiato una condanna a due anni con sospensione della pena, subordinata a un percorso di recupero per autori di reati violenti. Per i quattro che hanno scelto il rito abbreviato, la sentenza è arrivata nella giornata di ieri.