
Stretta sugli statali morosi: dal 2026 via ai pignoramenti in busta paga
Dal 1° gennaio 2026 scatterà la stretta sui dipendenti pubblici morosi con il Fisco. Le amministrazioni statali effettueranno verifiche sui lavoratori che percepiscono stipendi tra 2.500 e 5.000 euro al mese, per accertare l’esistenza di cartelle esattoriali non pagate superiori ai 5.000 euro. Fino ad oggi, i controlli erano previsti solo in caso di pagamenti pari o superiori a tale soglia, ma con l’entrata in vigore dell’articolo 144 del decreto legislativo n. 33 del 24 marzo 2025, il monitoraggio diventerà sistematico e automatizzato.
Secondo le stime del Ministero dell’Economia, la misura coinvolgerà circa 180.000 lavoratori pubblici inadempienti verso l’Erario. Le nuove regole prevedono trattenute dirette sugli stipendi, operate dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione, pari a un settimo della retribuzione netta mensile, cioè circa il 14% dello stipendio, fino all’estinzione del debito. Le percentuali varieranno in base all’importo percepito: un decimo per stipendi fino a 2.500 euro, e un settimo per quelli compresi tra 2.500 e 5.000 euro.
La stretta fa parte della strategia del governo per recuperare 36 milioni di euro entro il 2026, in un contesto in cui il Fisco deve ancora riscuotere oltre 1.270 miliardi di euro da 22,8 milioni di contribuenti. Tuttavia, la misura ha suscitato forti reazioni. La Uil Pa ha parlato di “un attacco agli statali”, sottolineando come il provvedimento colpisca una categoria già gravata da inflazione e perdita del potere d’acquisto. “Lo Stato si accanisce sui propri dipendenti mentre la gran parte dei debiti fiscali resta irrecuperabile”, denuncia il sindacato.
Il Ministero dell’Economia stima che solo a Roma e nel Lazio oltre 30.000 dipendenti pubblici percepiscono stipendi medi di 3.500 euro e presentano cartelle esattoriali superiori ai 5.000 euro. Per questi lavoratori, la decurtazione in busta paga potrebbe ammontare a circa 500 euro al mese. Chi guadagna 2.500 euro perderà circa 175 euro, chi ne guadagna 3.000 ne vedrà trattenuti 210, mentre per gli stipendi di 4.000 e 5.000 euro le trattenute saliranno rispettivamente a 280 e 350 euro.
Per evitare la tagliola, i dipendenti avranno due opzioni: regolarizzare i debiti o aderire alla rottamazione quinquies, la nuova definizione agevolata delle cartelle prevista dalla Legge di Bilancio 2026. Chi presenterà la domanda entro il 30 aprile 2026 potrà sospendere le procedure esecutive – come fermi amministrativi, ipoteche e pignoramenti – fino alla definizione della pratica.
La misura non riguarda i fornitori della pubblica amministrazione, ma solo gli stipendi e le indennità dovute ai lavoratori pubblici, compresi i trattamenti di fine rapporto. L’obiettivo del governo è accelerare il recupero delle somme iscritte a ruolo, ma per i sindacati il rischio è quello di alimentare tensioni sociali e accentuare la distanza tra lo Stato e i suoi dipendenti.