
Italia, Francia e Germania chiedono una revisione del Green Deal auto
Toni formali, ma contenuti inequivocabili: Italia, Germania e Francia hanno chiesto alla Commissione Europea di rivedere in modo sostanziale il percorso di transizione delineato dal Green Deal per il settore auto. Durante il Consiglio Competitività, i tre Paesi hanno ribadito la necessità di un cambio di passo, criticando un impianto normativo che appare eccessivamente sbilanciato sull’elettrico e poco attento alla competitività industriale europea. «All’industria dell’auto europea non servono palliativi, ma riforme chiare, immediate e pragmatiche», ha affermato il ministro italiano Adolfo Urso al termine del trilaterale con la tedesca Katharina Reiche e il francese Sébastien Martin.
La richiesta principale riguarda la neutralità tecnologica, con la possibilità di mantenere sul mercato, dopo il 2035, tecnologie ibride come Plug-In e Range Extender. Urso ha ricordato le lettere inviate a Ursula von der Leyen sia da Giorgia Meloni sia dal tedesco Friedrich Merz, chiedendo esplicitamente una revisione delle regole per tutelare le filiere industriali.
La strategia europea sull’auto, inizialmente attesa in questi giorni, verrà presentata il 16 dicembre. Ma secondo indiscrezioni, Bruxelles continua a resistere all’idea di allentare il target del 2035, concedendo al massimo minime flessibilità sugli ibridi. Anche in caso di apertura, tutti i veicoli endotermici immatricolati dopo quella data dovranno comunque usare carburanti puliti.
Un ulteriore fronte di tensione riguarda la lista dei biofuel sostenibili, da cui potrebbe essere escluso l’Hvo, un carburante strategico per l’Italia perché prodotto da scarti e oli esausti. Parallelamente, la Commissione intende accelerare l’elettrificazione delle flotte aziendali e introdurre un sistema di local content che obblighi i costruttori, inclusi quelli cinesi, a utilizzare una quota minima di componenti europei. Su quest’ultimo punto, Roma appare favorevole, mentre Berlino è contraria.
Il trilaterale di ieri ha l’obiettivo di trovare una posizione comune almeno parziale. «È necessario difendere la competitività senza compromettere la transizione», ha sottolineato il ministro italiano, indicando che un nuovo asse italo-tedesco potrebbe emergere già nelle prossime ore.
Il confronto europeo non può prescindere dalla concorrenza asiatica. La sovrapproduzione cinese, aggravata dai dazi americani, sta puntando con sempre maggiore forza verso il mercato europeo. Emmanuel Macron, reduce da un viaggio a Pechino, ha proposto l’adozione di nuove tariffe, in linea con la politica statunitense di Trump. Urso ha condiviso la preoccupazione per «l’invasione di prodotti asiatici», mentre la Germania rimane nettamente contraria a nuovi dazi, per non compromettere l’interscambio con Pechino e per scongiurare ritorsioni sulle materie prime strategiche.
Parallelamente, cresce l’ottimismo su un possibile rinvio dell’abolizione delle quote gratuite ETS per i settori energivori, un segnale atteso da comparti chiave per l’Italia come acciaio, ceramica, auto e shipping. Urso, in una serie di bilaterali con Polonia, Paesi Bassi e Cipro, ha ribadito la necessità di una politica industriale capace di sostenere la transizione senza penalizzare la produzione.
Il negoziato sul futuro dell’automotive europeo entra dunque in una fase decisiva. I prossimi giorni chiariranno se la Commissione accoglierà le richieste dei tre maggiori Paesi industriali dell’Unione o se manterrà l’impostazione originaria. Sul tavolo restano la tutela delle filiere produttive, la gestione della concorrenza cinese, la definizione dei carburanti puliti e il ruolo degli ibridi nel decennio post-2035. Un equilibrio complesso, in cui Roma sta cercando di ritagliarsi un ruolo sempre più centrale.