
Dazi Cina-Ue, Pechino colpisce i formaggi europei: rischio per l’export
Si apre un nuovo capitolo nella guerra commerciale tra Cina e Unione Europea. Pechino ha annunciato l’introduzione, a partire da oggi, di dazi anti-sovvenzioni provvisori compresi tra il 29,1 e il 42,7 per cento sui prodotti lattiero-caseari provenienti dal Vecchio Continente. Una mossa che rappresenta una risposta diretta alla decisione di Bruxelles di imporre restrizioni alle auto elettriche cinesi, colpite da tariffe fino al 45,3 per cento perché beneficiarie di massicci aiuti di Stato.
La decisione del governo cinese rischia di avere conseguenze pesanti per l’Italia. Secondo Coldiretti e Filiera Italia, le nuove barriere tariffarie mettono a rischio un export di formaggi verso la Cina che nel 2024 ha raggiunto i 71 milioni di euro, con una crescita del 207 per cento rispetto al 2020. Un dato significativo se rapportato al fatturato complessivo dell’agrifood italiano nel Paese asiatico, pari a circa 600 milioni.
Lo scontro arriva in un momento già complesso per il commercio estero. Il Centro studi di Confindustria ha segnalato come, nell’ultima parte dell’anno, il dollaro debole e le barriere introdotte dagli Stati Uniti abbiano già rallentato l’export del made in Italy. L’offensiva cinese rischia dunque di aggravare ulteriormente un quadro internazionale sempre più frammentato.
Pechino ha spiegato di aver deciso l’introduzione dei dazi dopo un’indagine preliminare avviata dal ministero del Commercio su richiesta della China Dairy Association. L’inchiesta mira a esaminare i sussidi garantiti dalla Politica agricola comune e dai singoli Paesi Ue al settore lattiero-caseario e ad altri comparti agricoli. Secondo le autorità cinesi, questi aiuti avrebbero danneggiato l’industria locale, «permettendo agli esportatori europei di vendere i loro prodotti a prezzi inferiori». L’indagine si concluderà a febbraio, ma nel frattempo sono finiti nel mirino formaggi freschi e stagionati, prodotti erborinati, oltre ad alcune tipologie di latte e panna. Le aliquote più elevate, fino al 42,7 per cento, colpiranno le aziende europee che non hanno collaborato con le autorità cinesi.
Non è la prima volta che Pechino ricorre a misure di ritorsione commerciale. In passato, minacce o aumenti tariffari avevano già interessato prodotti come brandy e carne di maiale europei, sempre nel contesto di tensioni con Bruxelles.
La Commissione europea ha reagito esprimendo «preoccupazione» per la decisione cinese. Il portavoce Olof Gill ha sottolineato che «l’indagine si basa su affermazioni discutibili e prove insufficienti», giudicando quindi le misure «ingiustificate e ingiustificabili». Bruxelles si prepara a rispondere ufficialmente a Pechino, pur ribadendo che il dialogo sulle auto elettriche resta aperto. «Continuiamo a interagire a livello di esperti per discutere la possibilità di una soluzione basata su impegni sui prezzi», ha spiegato Gill, ricordando che questa opzione può rappresentare un’alternativa ai dazi compensativi se vengono rispettati tutti i criteri previsti.
L’attacco ai prodotti lattiero-caseari non fa che acuire uno scontro commerciale già profondo. L’Unione Europea registra un deficit commerciale con la Cina pari a circa 300 miliardi di euro, mentre il settore agroalimentare europeo ha già visto calare il proprio fatturato di 12,5 miliardi tra gennaio e ottobre 2025 rispetto allo stesso periodo del 2024, anche a causa dei dazi americani.
Sul fronte degli accordi commerciali, restano in sospeso anche i negoziati con il Mercosur. La Danimarca, nelle battute finali della presidenza di turno del Consiglio Ue, ha tentato senza successo di portare al voto lo schema di salvaguardie a tutela degli agricoltori europei. Se ne riparlerà all’inizio di gennaio, quando Bruxelles spera di ottenere anche il via libera definitivo al trattato, dopo il rinvio ottenuto la scorsa settimana su pressione italiana. «Siamo pronti a sostenere gli Stati per firmare il più rapidamente possibile», ha assicurato un portavoce della Commissione, ricordando che l’intesa prevede misure senza precedenti per proteggere i settori agroalimentari sensibili, tra cui limiti ai volumi, controlli fitosanitari rafforzati e quote molto ridotte per prodotti come la carne bovina.
M.M.