
Concordato preventivo biennale, più tutele per le partite Iva

Una stretta di mano più equa tra Fisco e partite Iva. Con il correttivo al concordato preventivo biennale, il governo cerca di rendere più attraente e sostenibile l’adesione al nuovo meccanismo fiscale, che promette certezza sugli importi da versare in cambio di minori controlli. Il decreto legislativo appena approvato introduce importanti limiti alle proposte dell’Agenzia delle Entrate, favorendo i contribuenti più affidabili e correggendo alcune rigidità che ne avevano ostacolato il successo iniziale.
Uno dei nodi centrali del correttivo è l’introduzione di tetti massimi agli aumenti che l’Agenzia delle Entrate potrà proporre ai contribuenti che scelgono il concordato. Il meccanismo premia i titolari di partite Iva con alti punteggi Isa (gli indicatori sintetici di affidabilità fiscale):
«Per chi ha un punteggio di 10, la proposta dell’Agenzia non potrà superare del 10% il reddito dichiarato», specifica il nuovo testo.
Un contribuente che ha indicato 80.000 euro di reddito potrà quindi vedersi proporre al massimo una base imponibile di 90.000 euro.
Il rincaro sarà invece del 15% per chi ha un Isa pari o superiore a 9, e del 25% per chi raggiunge almeno l’8, considerato il limite minimo per accedere al concordato. «Si tratta di un passo avanti per favorire l’adesione e incentivare la trasparenza», osservano fonti vicine al Governo.
Le modifiche non si fermano alla parte economica. Viene infatti allungata la finestra per aderire al patto fiscale 2025-2026, che passa dal 31 luglio al 30 settembre. Inoltre, viene introdotto un elemento di maggiore tolleranza: la semplice notifica di un avviso bonario non comporterà più la decadenza dai benefici del concordato. Il contribuente potrà regolarizzare la sua posizione entro 60 giorni. Solo il mancato rispetto di questo termine porterà all’uscita dal meccanismo.
Nel frattempo, i dati indicano una crescita dell’adesione spontanea. Sono già circa 190.000 i contribuenti con Isa inizialmente sotto l’8 che hanno deciso di migliorare la propria affidabilità per accedere al concordato. Un segnale che il patto fiscale può funzionare, purché accompagnato da garanzie concrete.
Tra le novità più rilevanti vi è anche la maxi-deduzione del 120% per le imprese e i lavoratori autonomi che effettuano nuove assunzioni. Una misura che punta a tradurre in azione il principio secondo cui «chi assume, meno paga», già presente nel programma elettorale dell’esecutivo.
Chi invece resterà fuori dal nuovo patto fiscale saranno i contribuenti in regime forfettario. La loro partecipazione era stata ammessa in via sperimentale solo per il 2024, ma data l’incompatibilità con il sistema di pagelle fiscali, dal 2025 non potranno più aderire. Nel frattempo, la piena attuazione della riforma fiscale complessiva è stata posticipata: secondo l’emendamento della relatrice Mariangela Matera, l’intero pacchetto dei decreti attuativi sarà completato entro l’estate 2026.