
Guardia giurata arrestata per omicidio: il caso divide l’opinione pubblica

La sera del 6 febbraio, a Roma, una rapina in un appartamento di via Cassia si è trasformata in tragedia. Antonio Micarelli, guardia giurata di 56 anni, ha inseguito e sparato a un gruppo di ladri in fuga dopo aver derubato una sua vicina. Uno dei componenti della banda, Antonio Ciurciumel, 24enne, è stato colpito alla testa ed è morto poco dopo in ospedale.
Secondo la ricostruzione delle autorità, Micarelli ha esploso dieci colpi mentre i rapinatori scappavano, mirando a punti vitali. Le immagini delle telecamere di sorveglianza hanno smentito la sua versione della legittima difesa. Per il gip Rosalba Liso, il vigilante ha agito con la “ferma intenzione di uccidere”, trasformando la situazione in una “caccia all’uomo”. Micarelli è stato così arrestato con l’accusa di omicidio volontario e tentato omicidio. La procura ha evidenziato che non era in pericolo quando ha sparato e non ha cercato di chiamare i soccorsi. “Non ha sparato per difendersi, ma con il preciso intento di colpire i fuggitivi”, si legge nell’ordinanza.
I legali della guardia giurata, Valerio Orlandi e Pietro Pomanti, hanno annunciato un’istanza di riesame, sostenendo che non vi siano esigenze cautelari. Soddisfatta, invece, la famiglia di Ciurciumel, il cui avvocato, Andrea Palmiero, ha dichiarato: “La giustizia sta facendo il suo corso”.
L’arresto di Micarelli ha però diviso l’opinione pubblica. Molti residenti di via Cassia si sono schierati dalla sua parte, ritenendo ingiusta la sua detenzione. Alcuni hanno avviato una raccolta firme e una colletta per le spese legali. “Ha fatto quello che era necessario”, sostiene Rosa, promotrice dell’iniziativa. Diversi commercianti, stanchi dei frequenti furti nella zona, temono che provvedimenti simili possano incoraggiare la criminalità. “Ora i ladri si sentono liberi di fare ciò che vogliono”, afferma Giuseppe, tabaccaio vittima di ripetuti furti. Alcuni residenti parlano di proteste e manifestazioni, minacciando di bloccare il Raccordo.
Mentre una parte del quartiere difende Micarelli, altri temono che episodi del genere possano degenerare in giustizia fai-da-te. “Giusto difendersi, ma senza esagerare”, afferma Lavinia, un’altra residente. Stefania, 70enne, racconta di aver installato un allarme per proteggersi: “Qui non ci sentiamo più al sicuro”. Il caso di via Cassia apre un nuovo dibattito su sicurezza e legittima difesa, con posizioni opposte su cosa significhi proteggere sé stessi e la propria comunità.