
Vertice Vance-Parolin, primo disgelo tra Vaticano e USA

La visita del vicepresidente statunitense JD Vance in Vaticano ha attirato l’attenzione non solo per l’imponente apparato di sicurezza – con quaranta vetture a bloccare via della Conciliazione – ma soprattutto per i contenuti politici e simbolici che l’hanno accompagnata. In un momento di tensioni latenti tra la Santa Sede e l’amministrazione Trump, il colloquio tra Vance e il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, è apparso come un passo verso un possibile riavvicinamento, pur nel solco delle profonde divergenze su questioni cruciali.
Il comunicato vaticano ha parlato di uno “scambio di opinioni” sui principali dossier internazionali, citando le guerre in corso, i migranti, i rifugiati e i prigionieri. Espressione diplomatica che lascia intuire un confronto franco, in cui le divergenze – in particolare su immigrazione e tagli agli aiuti umanitari Usa – non sono state eluse. Parolin e Vance, affiancati rispettivamente da monsignor Gallagher e da altri membri delle delegazioni, hanno convenuto sull’importanza di mantenere un canale di dialogo strutturato, sebbene le visioni restino distanti.
I tagli alle agenzie Usaid e alle organizzazioni caritative cattoliche statunitensi, come Catholic Relief Services e Catholic Charities, hanno pesantemente colpito le missioni in aree fragili, in particolare in Africa e America Latina. Le nuove politiche migratorie, fortemente restrittive, avevano già provocato mesi fa una dura reazione di Papa Francesco.
Vance è considerato in Vaticano una figura “interessante ma da testare”. Convertito al cattolicesimo nel 2019, con un percorso spirituale guidato da un frate domenicano, ha dichiarato posizioni vicine alla dottrina sociale della Chiesa. Il suo riferimento costante a Sant’Agostino – anche in ambito politico – ne ha fatto un protagonista atipico nel panorama repubblicano. Tuttavia, le sue recenti dichiarazioni in cui ha utilizzato il pensiero agostiniano per giustificare deportazioni hanno fatto infuriare il pontefice.
Non a caso, il Papa ha evitato di incontrarlo, nonostante inizialmente si fosse ipotizzato un saluto dopo il colloquio con Parolin. Nessun faccia a faccia è avvenuto, e resta il dubbio che la messa privata celebrata per Vance a San Paolo fuori le Mura – in una cappellina riservata – possa essere letta come una presa di distanza ufficiale da parte di Bergoglio.
Il dossier Iran, le tensioni mediorientali e le relazioni con Israele sono altri temi al centro dell’agenda di Vance, che ieri ha incontrato anche il ministro israeliano Ron Dermer, a Roma per chiedere garanzie a Washington. E mentre si attende l’esito del possibile vertice tra Papa Francesco e il vicepresidente USA, resta in primo piano il ruolo crescente della diplomazia vaticana. Come ha sottolineato il direttore generale dell’Aiea Rafael Grossi – anche lui a Roma per incontri istituzionali – “la diplomazia è estremamente necessaria, ora più che mai”.