
Sgominata dai carabinieri la gang di Primavalle: 11 arresti
Una violenza feroce, organizzata, ripetuta. Un gruppo di ragazzi, alcuni appena maggiorenni e altri ancora minorenni, trasformati in aguzzini capaci di sequestrare, torturare e umiliare coetanei all’interno di un garage del quartiere Primavalle. È questa la realtà ricostruita dai carabinieri e messa nero su bianco dal gip Livio Sabatini, che ha disposto il carcere per undici indagati definendo le loro condotte come «un’attitudine criminale di eccezionale rilievo», aggravata dall’assenza totale di pentimento e dalla «soddisfazione» mostrata per le violenze commesse.
Il primo episodio risale a gennaio scorso, quando la baby gang rapì un ragazzo straniero accusato di avere frequentato l’ex fidanzata del capo del gruppo, il diciannovenne Mirko Mezzaroma. Il giovane fu trascinato in un garage di via Pentimalli, lo stesso in cui vive uno dei membri del gruppo, soprannominato “Il negro”, e da lì cominciò l’incubo. La vittima, immobilizzata su una sedia, fu picchiata con calci e pugni, colpita con una mazza da baseball in ferro, privata dei vestiti e bruciata con acqua bollente riscaldata con un bollitore elettrico. «Mi hanno legato mani e piedi e colpito con bastoni. Poi hanno versato acqua bollente sulla schiena», racconterà più tardi ai carabinieri, lasciando emergere il terrore vissuto in quelle ore. Il gruppo pretendeva da lui duemila euro o, in alternativa, che iniziasse a spacciare per loro. Poi, dopo le torture, desistettero: segno che la violenza, osserva il gip, aveva un movente quasi esclusivamente personale.
Pochi giorni dopo, la stessa gang sequestrò un altro ragazzo, questa volta per un presunto debito di droga che sarebbe oscillato tra i 30 e i 35 mila euro. Le torture furono identiche: botte, acqua bollente, capelli strappati, umiliazioni fisiche e psicologiche. Una delle vittime, riferiscono gli investigatori, per mesi non è più uscita di casa, devastata dalla paura di incontrare nuovamente i suoi aggressori. Nonostante un percorso psicologico, porta ancora sul corpo i segni delle sevizie.
Le indagini sono iniziate quasi per caso, quando i carabinieri hanno fermato uno dei membri della baby gang e sequestrato i cellulari su cui erano stati conservati i video delle violenze. Quelle immagini, definite “agghiaccianti”, sono state decisive per ricostruire la rete di responsabilità all’interno del gruppo, descritta come una struttura gerarchica guidata da Mezzaroma, con i minorenni che eseguivano senza obiezioni gli ordini impartiti.
L’attività investigativa ha portato anche a collegare il gruppo a un altro episodio violento: l’esplosione di una bomba carta lo scorso 30 giugno in via Guido Calcagnini 39. Secondo gli inquirenti, il raid sarebbe stato commissionato da Tommaso Sforza, uomo con precedenti per droga detenuto nel carcere di Viterbo, che avrebbe incaricato Mezzaroma tramite un cellulare illegalmente detenuto in cella. L’obiettivo dell’esplosione sarebbe stato un giovane che abitava nel palazzo e che avrebbe, secondo Sforza, commesso un torto non ancora chiarito.
Il gip ha evidenziato come l’intero gruppo rappresenti un pericolo concreto e attuale per la collettività, sottolineando l’assenza di ravvedimento e la capacità di organizzarsi e replicare condotte violente. Da qui la decisione, ritenuta inevitabile, di disporre il carcere per tutti gli undici indagati.
M.M.