
Roma accoglie la fiaccola olimpica: Giancarlo Peris torna dove tutto iniziò nel 1960
Nel cuore di Roma, sotto un sole invernale che sapeva già di primavera, la fiaccola di Milano-Cortina 2026 ha riportato in vita una pagina storica dello sport italiano. A portare la lanterna, questa volta, è stato ancora lui: Giancarlo Peris, l’allora diciannovenne che il 25 agosto 1960 accese il braciere dello Stadio Olimpico per aprire una delle edizioni più amate dei Giochi. Ieri, con la stessa emozione di allora e qualche capello bianco in più, Peris ha ridato luce al fuoco olimpico nello Stadio dei Marmi, davanti ai campioni di oggi e alle istituzioni dello sport.
Quando nel 1960 fu scelto come ultimo tedoforo, Peris era solo un ragazzo di provincia che aveva vinto il campionato studentesco di corsa campestre. Nessuna celebrità, nessuna premeditazione scenografica: un’Italia giovane e fiduciosa decise che l’ultimo testimone lo avrebbe retto il migliore degli studenti-atleti. Sessantaquattro anni dopo, quello spirito è tornato per un giorno. Peris, emozionato come allora, ha avanzato con passo sicuro nello Stadio dei Marmi, dedicato a Pietro Mennea, simbolo di velocità e tenacia. «Allora mi tremavano le gambe», ha ricordato con un sorriso. Attorno a lui, il presidente del Comitato organizzatore Giovanni Malagò ha raccolto il fuoco, sottolineando con amarezza e orgoglio che «se siamo qui è perché qualcuno non ha voluto dare fiducia a questa città», alludendo alla mancata candidatura di Roma ai Giochi del 2024.
Il passaggio della fiaccola è diventato presto una celebrazione dei valori olimpici incarnati dagli atleti italiani di oggi. Gregorio Paltrinieri, protagonista in piscina e portabandiera a Parigi con la compagna Rossella Fiamingo, ha acceso il braciere dello Stadio dei Marmi. «La fiaccola va oltre lo sport. I Giochi uniscono, o almeno dovrebbero. Una volta si fermavano persino le guerre», ha commentato mentre sorrideva, lontano per un attimo dall’acqua che lo ha reso grande. Sono seguiti i simbolici torch kiss con Elisa Di Francisca, Gianmarco Tamberi e Achille Polonara, in una staffetta ideale tra discipline e generazioni, fatta di impegno, cadute, rinascite e successi. Una sintesi dello sport italiano in movimento.
Poi la fiaccola ha preso la via di Roma, in un itinerario che nessun regista avrebbe potuto immaginare più suggestivo. Dal Foro Italico a Castel Sant’Angelo, fino alla cupola di San Pietro, la lanterna ha attraversato i luoghi più iconici della capitale, seguita da sportivi, cittadini e turisti incantati. Matteo Berrettini ha firmato una telecamera vicino a Piazza Cavour, quasi fosse un omaggio alle sue imprese di Wimbledon; al Colosseo, Achille Lauro ha scatenato una folla festante, trasformando il passaggio della fiaccola in un concerto improvvisato. La corsa è proseguita verso Piazza Venezia, via del Corso e Palazzo Chigi, per poi risalire in Vespa lungo via Veneto, evocando le atmosfere di Vacanze romane. L’ultimo braciere si è acceso a Piazza del Popolo, dove la storia, il cinema e lo sport si sono intrecciati in un unico abbraccio.
A suggellare la giornata è rimasta nell’aria la voce ideale di Roma, quella che invita alla pace e alla bellezza anche nei tempi più complessi. Una fiaccola che non ferma le guerre, forse, ma che continua a ricordare ciò che l’umanità potrebbe essere.