
Lo scudo italiano nel Mar Rosso: così la missione Aspides ha sconfitto gli Houti
L’inviolabilità dei cieli israeliani, un tempo garantita quasi esclusivamente dal sistema Iron Dome, è stata messa a dura prova nel corso dell’ultimo biennio dai ripetuti attacchi missilistici delle brigate Houthi. I combattenti dello Yemen, inizialmente sottovalutati dagli osservatori internazionali, hanno dimostrato una capacità balistica sorprendente, riuscendo a proiettare minacce e ordigni fino alle piste dell’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Tuttavia, la sfida più insidiosa lanciata da queste milizie non si è limitata al territorio israeliano, ma ha mirato a colpire il cuore pulsante dell’economia mondiale: le rotte commerciali che attraversano le acque del Mar Rosso.
Per lunghi mesi, il rischio di veder trasformato questo bacino in un corridoio di fuoco ha costretto le principali compagnie di navigazione a riconsiderare i propri itinerari, optando spesso per la lunga e dispendiosa circumnavigazione dell’Africa. A scongiurare una catastrofe per il commercio globale è intervenuta la missione europea Aspides, di cui l’Italia è diventata rapidamente la principale portabandiera. Il consuntivo delle attività della nostra Marina Militare nel 2025 certifica un successo strategico: il Mar Rosso ha smesso di essere un collo di bottiglia paralizzato dalla paura, tornando a essere una via di transito percorribile e sicura.
Il dispositivo militare messo in campo dalla Difesa italiana nel porto di Gibuti ha visto l’avvicendarsi di unità d’eccellenza tecnologica. Dalla fregata Fasan al cacciatorpediniere Caio Duilio, fino alle più recenti missioni delle fregate Martinengo e Marceglia, gli equipaggi italiani hanno presidiato le onde con radar di ultima generazione e sistemi contraerei capaci di neutralizzare la minaccia dei droni. I numeri parlano chiaro: sono stati 336 i mercantili scortati direttamente dalle navi italiane, mentre il monitoraggio complessivo ha riguardato 813 imbarcazioni in uno dei tratti di mare più esposti del globo. Come sottolineato dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, l’intervento è stato vitale per le nostre imprese: «circa 500 mercantili con prodotti italiani hanno potuto attraversare indenni l’area solo grazie al pattugliamento della Marina militare».
A bordo della fregata Marceglia, attuale fulcro operativo della missione, opera un contingente di 190 professionisti tra marinai, fucilieri del battaglione San Marco e palombari del Gos. La struttura di comando riflette il peso geopolitico di Roma in questa architettura di difesa: se il comando tattico è affidato al commodoro greco Michail Lampiris, la gestione della nave è nelle mani del contrammiraglio italiano Andrea Quondamatteo. Questa sinergia multinazionale ha permesso di sottrarre spazio operativo alle milizie yemenite, riducendo drasticamente l’efficacia della loro strategia di disturbo.
I benefici di questa operazione si riflettono direttamente sui bilanci del Canale di Suez. Dopo il drammatico crollo del 2024, quando i ricavi erano precipitati di oltre il 60%, il 2025 segna una ripresa vigorosa. Tra luglio e novembre, il Canale ha registrato il transito di 5.874 navi, con un incremento degli incassi pari al 17,5% su base annua. Le grandi compagnie hanno ripreso a solcare queste acque perché il rischio è tornato a essere calcolabile e gestibile. Sebbene gli Houthi rimangano una minaccia latente, non sono più loro a dettare l’agenda del traffico marittimo mondiale, segnando una vittoria fondamentale per la stabilità dei mercati intercontinentali.