
Gli alberi, segno inconfondibile del maestro. Foglie, rami e tronchi vuoti che evocano forme primordiali di vita e richiamano sembianze antropomorfe, lasciando aperto un dialogo silenzioso tra la Natura e l’Uomo, il tempo senza fine e le tracce della storia. La combinazione di legno, bronzo, cuoio, metalli o marmo nelle sculture di Giuseppe Penone crea visioni di energia suggestiva. L’impronta di uno dei campioni dell’Arte Povera, tanto amato all’estero da figurare nelle raccolte di musei prestigiosi e degli spazi espositivi più recenti come il Louvre di Abu Dhabi, approda ora a Roma tra i capolavori della classicità della Galleria Borghese. Le 36 opere scelte da Francesco Stocchi per la mostra ”Gesti Universali” raccontano dal 14 marzo al 28 maggio il percorso dello scultore piemontese dagli anni Settanta al primo scorcio del nuovo secolo. Il punto di partenza è ”la ricerca di qualcosa che non è presente negli splendidi ambienti, offrendo una nuova lettura del rapporto tra paesaggio e scultura che la statuaria antica del museo racconta secondo canoni classici”. E’ uno sguardo alla scena contemporanea che nella Galleria diretta da Francesca Cappelletti si ripete dopo il clamore dell’ estate 2021 con le opere di Damien Hirst della mostra ‘Archaeology now’ accostate alle gemme della collezione del cardinale Scipione Borghese. Qui i lavori di Penone non vengono messi a confronto reale o simbolico con l’arte classica ma vanno intesi come “riflesso rispetto all’ambiente, un completamento di elementi: nelle sale caratterizzate da un tripudio di marmi, sculture e decorazioni – magnifiche rappresentazioni del mondo minerale – Penone aggiunge un innesto organico di foglie, cuoio, legno che collega e definisce i due universi”. Nei Giardini, invece, l’integrazione guarda al mondo dei metalli, con sculture in bronzo accanto alla vegetazione circostante, arricchita da circa quaranta nuove piante in vaso come sostegno per alcune opere.
Accanto a quelle meno note o iconograficamente poco associate al lavoro di Penone, come Sguardo vegetale, altre saranno esposte per la prima volta in gruppi tematici come il suggestivo Respirare l’ ombra (2018), in cui il petto aperto di una figura umana fatta di foglie scure mostra i polmoni di foglie d’ alloro dorate fuse nel bronzo. In Spazio di Luci, del 2008, otto tronchi cavi di bronzo e oro rimandano a forme animali. Due figure umane appena accennate dalle foglie ingabbiate in rami sottili compongono ”Pensieri di foglie”, del 2014. I due elementi di legno di cedro sono gli ”Albero di otto metri”, del 2000. Gli interventi dell’artista, osserva il curatore, rinnovano il gioco Barocco che nella Galleria intrecciava paesaggio, natura e scultura, ”attivando un nuovo dialogo, presentando un’interrogazione sulla scultura, rivelando la sua evoluzione storica e contemporanea”. Penone ha indagato sulla natura e i suoi processi di trasformazione già dal suo esordio nel 1968 nella corrente dell’ Arte Povera. Negli anni Settanta la sua attenzione si è concentrata sul corpo umano e le sue relazioni con l’ambiente esterno attraverso fotografie, proiezioni, impronte e calchi di parti anatomiche in vari materiali. E se l’ albero resta al centro di tutto perché è “l’idea prima e più semplice di vitalità, di cultura, di scultura”, l’ artista settantacinquenne di Garessio ha ricordato pubblicamente ancora pochi mesi fa che la pratica di plasmare la materia è ”una espressione che può sfuggire alle convenzioni. Se uno fa un bicchiere è un oggetto d’ uso, se uno disegna un bicchiere è un prodotto culturale. La scultura deve riuscire in qualche modo a ricavare dall’ oggetto un pensiero, a creare una riflessione. Il mio lavoro si è svolto sempre con la preoccupazione di andare oltre la convenzione dello sguardo attraverso il tatto che permette di identificare la materia e comprendere la superficie delle cose”.
ANSA
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