
I dodici anni del Papa che veniva “dalla fine del mondo”

«Fratelli e sorelle, buonasera». Con questa semplice frase, il 13 marzo 2013, Jorge Mario Bergoglio si presentò al mondo come Papa Francesco, primo pontefice gesuita, primo sudamericano, primo a scegliere il nome del poverello di Assisi. Un gesto simbolico, che anticipava un pontificato centrato sull’umiltà, la vicinanza agli ultimi e la riforma della Chiesa. Da subito, scelse la residenza di Santa Marta al posto dell’appartamento papale e rinunciò a molti orpelli del potere vaticano.
Il pontificato di Francesco è stato un appello continuo alla coscienza globale. Dall’iconico viaggio a Lampedusa nel 2013, dove lanciò il grido contro la “globalizzazione dell’indifferenza”, ai frequenti richiami a fermare le guerre e a salvaguardare il pianeta. Con l’enciclica Laudato si’ ha trasformato l’ecologia in un dovere morale. Il suo impegno per i migranti, i poveri e i dimenticati è stato costante, così come la sua azione diplomatica: dal dialogo con la Cina, all’incontro storico con il patriarca ortodosso Kirill, passando per gli appelli (spesso inascoltati) alla pace in Ucraina e Medio Oriente.
Tra i momenti più drammatici del suo pontificato, rimarrà per sempre l’immagine di Francesco solo sotto la pioggia, in Piazza San Pietro deserta, nel marzo 2020: la pandemia di Covid-19, affrontata con parole di conforto e gesti potenti. Ma anche la lotta contro gli abusi nella Chiesa, che lo ha visto convocare vertici internazionali e accettare dimissioni eccellenti, come quelle dell’intero episcopato cileno. Il suo obiettivo: trasparenza, giustizia, cura delle vittime.
Francesco ha lavorato per riformare la Curia romana, ha aperto a un ruolo più attivo delle donne nella Chiesa, ha promosso un Sinodo permanente per ascoltare il “popolo di Dio”. Tant’è che negli ultimi dieci anni, il numero delle donne che lavora in Vaticano ha raggiunto quota 1.165, tra cui alcune di loro in ruoli dirigenziali. Ma ha dovuto anche affrontare resistenze interne, critiche alla sua visione pastorale e tensioni dottrinali. La sua apertura verso le periferie del mondo ha suscitato entusiasmo ma anche divisioni.
Francesco lascia una Chiesa più aperta, ma ancora alle prese con grandi sfide: la secolarizzazione in Europa, la crescita delle chiese locali in Africa e Asia, la necessità di trasparenza, giustizia sociale e pace. Il “Papa dei gesti” ha segnato un solco profondo: la Chiesa dovrà ora decidere se proseguire lungo il cammino tracciato o imboccare una nuova direzione. La scelta del prossimo pontefice, al termine del conclave che si aprirà a breve, sarà decisiva per l’identità della Chiesa del XXI secolo.
Nel giorno della sua morte, il Cardinale Farrell ha ricordato Papa Francesco come «un vero discepolo del Signore Gesù», capace di «vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio e amore universale». È il ricordo più autentico di un pastore che ha cercato, fino all’ultimo respiro, di portare la Chiesa “in uscita”, verso le ferite del mondo.