
Dopo 10 anni, ultras assolti per i fatti di Roma-Juve
La vicenda giudiziaria nata dalle proteste esplose il 30 agosto 2015 allo stadio Olimpico, durante Roma-Juventus, si è conclusa dieci anni dopo. Quel giorno, in segno di dissenso contro le barriere divisorie installate nelle curve, i tifosi giallorossi — sostenuti inaspettatamente anche da parte del tifo bianconero — voltarono le spalle al campo. Una contestazione simbolica ma durissima che anticipò una serata tesa, segnata dall’intervento delle forze dell’ordine nei settori popolari e da perquisizioni particolarmente rigide. Da lì nacquero le accuse nei confronti di dodici ultrà romanisti, individuati ai tornelli, per violenza e minaccia a pubblico ufficiale aggravata.
Dopo una prima assoluzione in Tribunale per uno dei tifosi, gli altri undici furono condannati a pene comprese tra nove mesi e un anno. Ma ieri la Corte d’appello di Roma ha ribaltato quasi integralmente il giudizio di primo grado: tre imputati sono stati assolti “per non aver commesso il fatto”, mentre per gli altri otto è stata esclusa l’aggravante contestata in origine e dichiarata la prescrizione del reato base. Una conclusione che arriva a un decennio esatto dai fatti e che, di fatto, chiude ogni prospettiva sanzionatoria.
«Si chiude una vicenda che ha fatto molto discutere, perché quella protesta era la conseguenza dell’installazione di barriere divisive nelle curve», ha commentato l’avvocato Lorenzo Contucci, difensore di dieci imputati. Due stagioni dopo, ricorda il legale, quelle barriere vennero rimosse anche per effetto della massiccia diserzione della Curva Sud, che per mesi rimase quasi vuota: tra 500 e 700 presenze contro una capienza di 10 mila posti.
Resta però l’amarezza per i tempi della giustizia. La durata complessiva del processo — dieci anni fra primo e secondo grado — è stata più che doppia rispetto ai cinque anni previsti dalla legge Pinto per un procedimento “ragionevole”. «Stiamo valutando se attivare le tutele previste, visto che alcuni dei miei assistiti hanno avuto problemi anche nell’ambito lavorativo per via del carico pendente», ha spiegato ancora Contucci. Un possibile ricorso per ottenere un risarcimento potrebbe dunque rappresentare l’ultimo capitolo di una vicenda che, già nel 2015, era diventata simbolo di un rapporto complesso tra tifo organizzato, istituzioni sportive e ordine pubblico.