
Derby di Roma, Sarri vs Gasperini: emergenze e scelte tattiche alla vigilia

Il derby di Roma non è mai una partita qualsiasi. Quest’anno lo è ancor meno: due filosofie forti si fronteggiano alla quarta giornata, quando i meccanismi non sono ancora oliati e il “tempo” per lavorare scarseggia. Da una parte Maurizio Sarri, dall’altra Gian Piero Gasperini: entrambi cercano un calcio offensivo, ma con interpretazioni opposte. Il contesto non aiuta: Lazio e Roma arrivano da sconfitte pesanti (Sassuolo e Torino) e la pressione di classifica si somma a quella ambientale. «In Italia il tempo non viene mai concesso», verrebbe da dire: nel derby, più che altrove, contano i punti prima delle idee.
La Lazio di Sarri punta su sincronie difensive, pressing a zona modulato e manovra corta, a ritmi alti, con catene laterali e terzo uomo. La Roma di Gasp vive di aggressione a tutto campo, scalate coraggiose e rotazioni sui quadrilateri laterali, con i “braccetti” pronti a fendere. Le perplessità sul mercato (per Sarri quasi “inesistente”) hanno rallentato la costruzione delle identità: la goleada al Verona resta l’eccezione biancoceleste, mentre i giallorossi hanno mostrato lampi di riconoscibilità a tratti nelle prime tre gare. Alla quarta, però, non bastano più i segnali: servono certezze.
Settimana complicata a Trigoria. L’infortunio di Dybala (fuori almeno 15 giorni) costringe Gasperini a riscrivere il reparto offensivo. Allarmi anche per Wesley (virus gastrointestinale e recente sovraccarico) e Hermoso (risentimento al polpaccio destro, no lesioni ma utilizzo in dubbio). «Filtra cauto ottimismo» sul brasiliano, ma senza prove tattiche nelle gambe la convocazione è un rebus; per Hermoso cresce l’ipotesi forfait iniziale, con Çelik provato da centrale di destra (più indietro Ghilardi).
Davanti, bocciato l’esperimento senza centravanti: torna Evan Ferguson al centro, con Soulé intoccabile alle spalle – «Speciale segnare in una partita del genere» – e ballottaggio El Aynaoui-El Shaarawy (leggero vantaggio al primo). Pellegrini rivedibile a gara in corso. A sinistra Angeliño-Tsimikas: lo spagnolo resta avanti, ma il debutto del greco potrebbe arrivare mercoledì. In mezzo Koné-Cristante, dietro Mancini-Ndicka e in porta Svilar: «Il derby è la partita dell’anno», ha detto l’estremo difensore, «e il lavoro con Gasp è intensissimo».
In casa Lazio il grande tema è Nicolò Rovella. Il play combatte con un principio di pubalgia: gestione conservativa, ma l’esito del provino in gruppo non ha dato certezze. Sarri deciderà all’ultimo con staff medico e giocatore. Peccato, perché contro il Verona Rovella ha firmato numeri da Jorginho: 105 passaggi riusciti su 116 (91%) e 142 tocchi – la bussola perfetta per il palleggio verticale che esalta Castellanos e le corse di Zaccagni.
Dalla sua presenza dipende il resto: senza Rovella, Cataldi è in preallarme da vertice basso e la scelta della mezz’ala sinistra si intreccia con le condizioni di Dele-Bashiru (affaticamento) e l’eventuale esordio dal 1’ di Belahyane. In avanti resta vivo il dubbio Pedro-Cancellieri: qualità del primo contro fisicità/strappo del secondo. «Non voglio cambiare due uomini su tre in mediana», l’idea che trapela: equilibrio prima di tutto.
In uno scontro di princìpi così marcati, la differenza può farla il dettaglio: una pressione coordinata, una scalata preventiva riuscita, un duello vinto sulla catena laterale. Ma soprattutto la capacità – da parte di Sarri e Gasperini – di accorciare il tempo: trasformare il lavoro d’idea in punti. Perché nel derby, più che altrove, l’estetica vale solo se porta risultato.