Una gang di tassisti violenti monopolizzava le corse a Roma

09/06/2025

Non si trattava di singoli episodi di scorrettezza, ma di una vera e propria associazione a delinquere che operava con metodi intimidatori per monopolizzare le zone taxi più redditizie di Roma. A scoprirlo è stata un’inchiesta della Polizia di frontiera attiva presso l’aeroporto di Fiumicino, che ha portato alla sospensione delle licenze e all’interdizione dal servizio per sei tassisti romani, ma le indagini sono solo all’inizio. La Procura di Civitavecchia descrive un sistema organizzato con precisione militare: “Uno schema consolidato, replicato in ogni punto strategico della città”, scrivono gli inquirenti. Obiettivi privilegiati: Musei Vaticani, San Pietro, Colosseo, Termini, Castel Romano, tutti luoghi ad alta affluenza turistica.

Il meccanismo era semplice quanto brutale: chi non si sottometteva alle regole imposte dal gruppo veniva minacciato, aggredito verbalmente o isolato. Alcuni colleghi hanno raccontato di aver ricevuto minacce di morte: «Ammazzo te e la tua famiglia, mangerai con la cannuccia», «So dove abiti, ti ho fotografato». Le violenze erano accompagnate da offese razziste e bestemmie rivolte anche ai clienti: «Quelli non mi piacciono», avrebbe detto un tassista riferendosi al colore della pelle di alcuni turisti. Chi denunciava le vessazioni rischiava ritorsioni e isolamento professionale. “Ci fanno sistematicamente perdere corse e introiti”, ha dichiarato un tassista coraggioso. Alcuni colleghi, invece, preferivano tacere per paura.

Secondo gli atti, la “cricca” operava in modo strutturato con una chat WhatsApp dedicata allo scambio di informazioni su pattuglie e controlli. Così venivano evitate le forze dell’ordine e si pianificava la presa del territorio. A Fiumicino, dopo l’assegnazione del controllo ai vigilantes da parte di Adr, sono piovute minacce e tentativi di corruzione. Una guardia è stata investita e portata in ospedale. Ai Musei Vaticani, i violenti si muovevano dopo l’una del pomeriggio, mentre a Termini l’orario preferito per le “azioni” era tra l’una e le 2:30 del mattino, quando il pattugliamento del Gpit (Gruppo pronto intervento traffico) era assente. L’obiettivo finale era unico: ottenere il monopolio delle corse più remunerative, riducendo colleghi e clienti a spettatori inermi di un sistema basato sulla paura e sull’arroganza.

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