
Valditara dice basta a asterischi e schwa nei documenti scolastici

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha inviato una circolare alle scuole italiane per chiedere finalmente di non utilizzare più l’asterisco (*) e lo schwa (ə) nelle comunicazioni ufficiali. Una presa di posizione netta, richiesta da molti, che riaccende il dibattito sull’uso strumentale del linguaggio inclusivo e sulla tutela della lingua italiana, che non ha bisogno di artifizi e modifiche.
La nota ministeriale, infatti, specifica che tali simboli non appartengono alla grammatica italiana e ne compromettono la comprensibilità, oltre che risultare illeggibili. “Il loro uso arbitrario introduce elementi di ambiguità e disomogeneità, rendendo la comunicazione meno efficace”, si legge nel documento.
L’asterisco e lo schwa vengono spesso utilizzati per evitare di specificare il genere nei testi scritti, con l’intento di rispettare tutte le identità: una sciocchezza che purtroppo è diventata diffusa in questi ultimi anni. Tuttavia, l’Accademia della Crusca ha più volte sottolineato le criticità fonetiche e grammaticali legate a questi segni. “È difficile, se non impossibile, riprodurre questi suoni nella lingua parlata, specialmente nei testi letti ad alta voce”, osservano ovviamente gli esperti.
Il caso di una circolare scolastica di un istituto napoletano che si rivolgeva a “bambin*” invece che “bambini” ha fatto discutere. Secondo Valditara, è tempo di porre un argine a questo tipo di derive gender: “Non serve essere conservatori per accorgersi che così si complica inutilmente la lingua”.
Soddisfazione è stata espressa da ambienti della destra e dal movimento Pro Vita: “Finalmente lo stop alla lingua Lgbt”. Di segno opposto le reazioni dalla sinistra: il deputato Alessandro Zan critica l’iniziativa e accusa il governo Meloni di “non occuparsi dei problemi reali”. Senza tenere in considerazione che proprio chi ha introdotto schwa e consimili avrebbe potuto e dovuto occuparsi di ben altro, invece di storpiare la lingua di Dante.
In un contesto in cui, secondo dati ministeriali, il 43,5% degli studenti non possiede competenze minime in italiano, il che è drammatico, la priorità – sostiene Valditara – deve essere la semplificazione, non l’adozione di simboli estranei alla nostra lingua.