
Sigfrido Ranucci, la nuova pista sull’attentato porta ai cartelli messicani

Nuovi inquietanti sviluppi emergono dalle indagini sull’attentato contro Sigfrido Ranucci, il giornalista e conduttore di Report che giovedì scorso ha visto esplodere un ordigno davanti alla sua abitazione di Campo Ascolano, a Pomezia. Gli investigatori stanno valutando una possibile pista internazionale: quella dei cartelli messicani, che avrebbero minacciato Ranucci già nella primavera del 2024, dopo un’inchiesta della trasmissione Rai sui legami tra i narcos albanesi e il cartello di Sinaloa.
«Dopo un servizio andato in onda in cui parlavamo degli interessi dei narcos albanesi e dei loro rapporti con il cartello messicano di Sinaloa, mi arrivarono dei messaggi, alle 5.30 del mattino, da un avvocato», ha raccontato Ranucci. «Mi confidò di avere avuto l’incarico dal cartello per compiere un’attività di depistaggio e dossieraggio contro di me. Denunciai tutto. Fu sentito in Procura, ma senza alcun esito». L’avvocato in questione è Alexandro Maria Tirelli, che ha confermato la vicenda.
«Nella mia veste di presidente delle Camere penali internazionali – ha dichiarato Tirelli – fui contattato da soggetti provenienti dal Messico che mi proposero un ruolo di consulenza su questioni legate al riciclaggio internazionale. Rifiutai e, durante quei contatti, ascoltai parole inquietanti su Ranucci. Sembravano propositi di vendetta. Per questo interruppi ogni contatto e informai sia lui che la Procura di Roma». Tuttavia, lo stesso legale ritiene improbabile che l’attentato di Pomezia sia opera dei cartelli: «Se decidono di agire, lo fanno con modalità precise, non dimostrative».
Le indagini, coordinate dal pm Carlo Villani della Direzione distrettuale antimafia, restano aperte su più fronti. Gli inquirenti non escludono che la bomba carta sia stata piazzata su commissione da bande albanesi legate a estorsioni e traffico di droga, o da gruppi criminali locali del litorale romano. Un’altra ipotesi riguarda gli ultrà interisti, già finiti sotto la lente di Report per i legami con la criminalità. Non è escluso nemmeno che l’ordigno sia stato un avvertimento rivolto a chi ha collaborato alle inchieste o rilasciato interviste alla redazione del programma.
Altre piste, invece, fanno pensare all’azione di un “lupo solitario”, forse un imprenditore coinvolto nel settore eolico, tema centrale di una delle prossime puntate di Report. «Tocchiamo talmente tanti interessi e centri di potere – ha detto Ranucci – che è impossibile capire l’origine. Credo sia qualcuno legato alla criminalità, non credo nei mandanti politici».
Sul piano tecnico, il fascicolo aperto a Piazzale Clodio riguarda danneggiamento aggravato dal metodo mafioso e violazione della legge sulle armi. Si attendono ora i risultati del Ris, che analizzerà i reperti dell’ordigno artigianale esploso davanti all’abitazione del giornalista. I carabinieri di Frascati e Roma hanno già sentito diversi testimoni e raccolto segnalazioni sull’uomo incappucciato visto nei pressi della villetta poco prima dell’esplosione.
Un elemento chiave per chi indaga è che la bomba sia stata collocata in un punto cieco, non coperto da telecamere di sorveglianza: un dettaglio che fa pensare a chi conosceva perfettamente la zona e i movimenti di Ranucci.