
Odissea per gli esami sanitari: liste di attesa lunghe quasi un anno

In Italia, il tema delle liste d’attesa sanitarie continua a essere un punto dolente per la sanità pubblica, sebbene i tempi per visite ed esami urgenti vengano generalmente rispettati. Le difficoltà reali emergono per le prestazioni sanitarie non urgenti, che a causa di priorità più basse possono vedere i pazienti costretti ad aspettare anche un anno. Il procuratore generale della Corte dei Conti, Pio Silvestri, ha definito le liste d’attesa “vergognose” in un Paese civile, portando alla luce una problematica che, nonostante gli sforzi, non sembra ancora risolta.
Un passo importante verso la risoluzione della questione è stato fatto con la creazione di una piattaforma nazionale per il monitoraggio delle liste d’attesa. Realizzata da Agenas, la piattaforma permette di monitorare in tempo reale la situazione e offre al Ministero della Salute la possibilità di intervenire tempestivamente quando emergono criticità. Sebbene non siano ancora disponibili dati regionali dettagliati, già si evidenzia che il Centro-Nord presenta una situazione migliore rispetto al Sud.
Le categorie di priorità per le prestazioni sanitarie sono classificate con lettere che indicano i tempi di attesa: U per urgenze, B per prestazioni con priorità alta, D per quelle con priorità media e P per le non urgenti. Tuttavia, i dati mostrano che per molte prestazioni con priorità B e D, i tempi di attesa superano di gran lunga i limiti stabiliti. Per esempio, per una visita cardiologica con priorità D, l’attesa può arrivare fino a 100 giorni, ben oltre il limite di 30 giorni previsto.
Nonostante i tempi rispettati per le prestazioni urgenti, la situazione per le prestazioni meno urgenti è allarmante. Un caso emblematico riguarda le mammografie bilaterali (priorità P), per le quali i tempi di attesa possono arrivare fino a 320 giorni, ovvero quasi un anno. Ancor più preoccupante è la situazione per le visite oculistiche e altre prestazioni specialistiche, che in alcune regioni possono subire ritardi fino a 239 giorni.
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha cercato di rassicurare, spiegando che la pubblicazione dei dati non è destinata a stigmatizzare le singole regioni, ma a individuare i problemi per intervenire in modo mirato. Inoltre, Schillaci ha suggerito che l’intelligenza artificiale potrebbe essere un alleato nella gestione delle liste d’attesa, un passo verso un approccio più moderno e dinamico.
Nonostante l’introduzione della nuova piattaforma, le critiche non mancano. Anna Rea, presidente di Adoc, ha sollevato dubbi sulla fase preliminare della piattaforma, sottolineando che i dati pubblicati sono ancora troppo generici e non forniscono un quadro chiaro per regione. Sebbene il monitoraggio rappresenti un passo in avanti, la trasparenza e l’efficacia del sistema sono ancora lontani dalla piena realizzazione.
Inoltre, nonostante alcuni sforzi per estendere le prestazioni nei weekend, i numeri restano molto bassi: solo una piccola percentuale di visite ed esami viene effettuata durante il fine settimana. Ciò evidenzia una carenza strutturale che, se non affrontata, rischia di continuare a gravare sui tempi di attesa, peggiorando ulteriormente la situazione per i pazienti.