
Mattarella in visita a Rebibbia: «Condizioni inaccettabili nelle carceri»
Sergio Mattarella torna a denunciare con fermezza lo stato critico di molte carceri italiane. Lo fa durante una visita a Rebibbia, istituto che rappresenta uno dei modelli più virtuosi del Paese grazie alla presenza di progetti culturali, formativi e professionali capaci di offrire ai detenuti un ponte verso il mondo esterno. Per il presidente della Repubblica, le attività di studio, arte, teatro e lavoro sono strumenti essenziali per costruire «prospettive, futuro, ripresa, rinascita», e la sua presenza a Rebibbia vuole testimoniare proprio l’importanza di queste esperienze.
Simbolo di questa rinascita è l’installazione luminosa “Benu”, la fenice ideata da Eugenio Tibaldi e inaugurata proprio durante la visita ufficiale. Un’opera che richiama la possibilità di rialzarsi anche dopo l’errore, sostenuta dalla Fondazione Severino, dalla Fondazione Pastificio Cerere e da Intesa Sanpaolo. Davanti alle detenute, Mattarella ha sottolineato quanto sia fondamentale «indirizzare il desiderio di ripartire attraverso percorsi culturali, lo studio, il teatro, l’arte». Ha ascoltato le testimonianze del progetto “Università in carcere” nato con l’ateneo di Tor Vergata, ha assistito a una performance ispirata alle “Città invisibili” di Italo Calvino e ha visitato il laboratorio di pasticceria che dà lavoro a numerosi reclusi, occasione di formazione e reinserimento concreto. «L’anagrafe non me lo consente…», ha scherzato quando gli è stato offerto un dolce, fermandosi a stringere mani e a conversare con chiunque lo avvicinasse.
Il presidente ha ricordato come oltre il 90% dei detenuti che partecipano a percorsi di lavoro e studio non torni a delinquere una volta fuori. Un dato decisivo, che conferma l’urgenza di rendere gli istituti parte integrante della società e non luoghi isolati. Per riuscirci, ha ringraziato il ruolo fondamentale della polizia penitenziaria, delle associazioni di volontariato e soprattutto dei singoli istituti che sperimentano modelli nuovi e efficaci. Ma allo stesso tempo ha ammonito sulle condizioni del sistema penitenziario nel suo complesso: «Non dovunque è così, vi sono istituti in condizioni totalmente inaccettabili, senza attività simili». È un richiamo netto a un problema che Mattarella ha più volte denunciato nei mesi scorsi: sovraffollamento, suicidi, carenze strutturali e assenza di veri percorsi di reinserimento in molte carceri italiane.
La visita cade nel cinquantesimo anniversario dell’ordinamento penitenziario, norma che ha sancito il divieto di trattamenti contrari al senso di umanità e l’obiettivo rieducativo della pena. Per Mattarella, ricordare oggi quel passaggio storico significa ribadire che la dignità della persona deve restare al centro del sistema carcerario. È anche per questo che ha voluto includere Rebibbia nella sua agenda già fitta di impegni istituzionali, tra cui l’incontro con il presidente del Mozambico e la cerimonia al Viminale dedicata ad Alcide De Gasperi.
Poche ore prima, in occasione della Giornata dei diritti umani, il capo dello Stato aveva riaffermato l’impegno dell’Italia a favore di un ordine internazionale basato sul rispetto della persona. I diritti umani, ha detto, sono indissolubilmente legati alla pace e alla stabilità globale: «Indebolire le istituzioni multilaterali significa esporre i più vulnerabili al rischio che prevalgano prevaricazione e abuso della forza». Un messaggio rivolto chiaramente anche a chi, sulla scena internazionale, mette in discussione organismi come l’Onu.
La giornata a Rebibbia diventa così un monito e una speranza: da un lato la denuncia delle carenze strutturali del sistema carcerario, dall’altro la prova tangibile che percorsi culturali e lavorativi rappresentano l’unica strada per un reinserimento reale e duraturo. Un invito, rivolto alle istituzioni, a sostenere e replicare i modelli virtuosi affinché non restino eccezioni ma diventino regola.