
Manovra 2025, dipendenti pubblici delusi: saltano i fondi promessi

La bozza della manovra 2025, approvata dal Consiglio dei ministri e ancora in fase di revisione, delude in particolare i dipendenti pubblici. Più di ciò che contiene, a colpire è ciò che non c’è: sparito il pacchetto da oltre 500 milioni di euro annunciato per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego e, con esso, la detassazione degli aumenti contrattuali che avrebbe dovuto equiparare i lavoratori statali a quelli del settore privato.
Secondo quanto trapela, il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo avrebbe ottenuto almeno 150 milioni di euro per l’adeguamento del salario accessorio dei dipendenti comunali, indispensabile per sbloccare i negoziati sul contratto. Tuttavia, il grosso delle risorse promesse sembra essersi dissolto nelle ultime stesure della bozza, datata 18 ottobre. Per avere conferme bisognerà attendere il testo bollinato della Ragioneria dello Stato e la trasmissione alle Camere.
Oltre ai fondi mancanti, un altro tema sensibile è quello del Trattamento di fine servizio (Tfs), la liquidazione che i dipendenti pubblici ricevono a rate, fino a cinque anni dopo il pensionamento. Alla vigilia del Consiglio dei ministri si era parlato di un possibile anticipo del pagamento entro tre mesi per i primi 50 mila euro, ma la bozza riduce le attese solo da 12 a 9 mesi. Una misura giudicata insufficiente dai sindacati, perché nel 2027 l’anticipo scenderà a due mesi e nel 2028 a un solo mese, complice l’aumento dell’età pensionabile.
C’è invece la detassazione dei premi di risultato, ma in misura più limitata rispetto al privato: lo sgravio per i pubblici dipendenti sarà del 15% (contro l’1% del settore privato) e su un importo massimo di 800 euro annui, contro i 5.000 previsti per i lavoratori delle aziende. Potranno beneficiarne solo i dipendenti con redditi fino a 50 mila euro, contro la soglia di 80 mila prevista per i privati.
Una delle novità più discusse riguarda le forze di Polizia e la Difesa. Dal 2027 è previsto un innalzamento di tre mesi dell’età pensionabile, che si sommerà al mese aggiuntivo dovuto all’adeguamento della speranza di vita. Nel 2028 l’estensione salirà a sei mesi complessivi, provocando malumori tra i sindacati di categoria, che speravano in un aumento “volontario” e graduale dell’età di pensionamento, distribuito in due anni. Un segnale positivo arriva invece per la Polizia penitenziaria, con un piano straordinario di assunzioni di 2.000 nuovi agenti: 500 nel 2026, 1.000 nel 2027 e altri 500 nel 2028.
Il testo chiarisce anche l’entità del rialzo delle pensioni minime: dal 1° gennaio 2026, gli over 70 in condizioni economiche disagiate riceveranno 20 euro in più al mese. Il beneficio sarà riservato solo a chi ha compiuto settant’anni, in base alla legge 448 del 2001, che fissava il cosiddetto “milione di lire” per gli assegni minimi. Inoltre, la soglia di reddito per accedere all’aumento sarà incrementata di 260 euro l’anno. Mentre il governo Meloni promette che la manovra definitiva porterà “risposte concrete ai lavoratori pubblici”, resta l’amaro in bocca per migliaia di dipendenti che si aspettavano più risorse, tempi certi e misure eque rispetto al privato. Il confronto con i sindacati, già teso, si preannuncia decisivo nelle prossime settimane.