
Latina, caso del 14enne suicida: tre docenti verso la sospensione

La morte di Paolo Mendico, il 14enne di Santi Cosma e Damiano che si è tolto la vita nella sua cameretta all’inizio di settembre, continua a scuotere la comunità di Latina e il mondo della scuola. Dopo settimane di accertamenti, gli ispettori del Ministero dell’Istruzione hanno concluso la loro inchiesta interna sull’istituto Pacinotti, frequentato dal ragazzo, consegnando un dossier che punta il dito contro tre docenti. Secondo quanto emerso, gli insegnanti non avrebbero attivato le procedure obbligatorie previste nei casi di bullismo, nonostante fossero a conoscenza di episodi che avevano coinvolto Paolo.
L’ispezione ministeriale, voluta dal ministro Giuseppe Valditara, ha evidenziato anomalie nei comportamenti dei docenti sia nella sede principale di Fondi che in quella distaccata di Santi Cosma e Damiano, dove studiava il 14enne. Gli ispettori hanno trasmesso la relazione al responsabile dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio e alle procure di Cassino e Roma, titolari delle indagini penali.
L’inchiesta della procura dei minorenni di Roma sta accertando le responsabilità di alcuni compagni di classe, presunti autori di atti di bullismo e derisione. Parallelamente, la procura di Cassino indaga sul comportamento degli adulti, valutando possibili ipotesi di omissione di atti d’ufficio o negligenza da parte dei docenti e della dirigenza scolastica. Se confermate, le omissioni potrebbero assumere rilievo penale.
Nel frattempo, i carabinieri di Formia hanno acquisito e stanno analizzando i cellulari di Paolo, dei professori e di quattro studenti, per ricostruire con precisione gli scambi e le dinamiche che avrebbero preceduto la tragedia.
I genitori del ragazzo, Simonetta La Marra e il padre, hanno accolto con sollievo l’esito dell’ispezione ministeriale. «Seppur immersi in un dolore che cresce ogni giorno, la notizia ci ha risollevato l’animo. Ci fa capire che la giustizia esiste», hanno dichiarato al Messaggero. La madre ha poi aggiunto: «La verità verrà fuori. Non smetteremo mai di lottare per fare luce su questi fatti e per evitare che altri ragazzi vivano simili tragedie».
Secondo la ricostruzione della famiglia, Paolo era vittima da anni di derisioni e scherzi crudeli. I compagni lo prendevano di mira per l’aspetto fisico e per i capelli, lo umiliavano in classe e avevano perfino scritto frasi oscene sui muri della palestra. Eppure, nessun intervento concreto sarebbe stato messo in atto dalla scuola.
Per i genitori, l’inerzia del corpo docente avrebbe contribuito ad aggravare il senso di isolamento e sofferenza del ragazzo. La notte prima dell’inizio del secondo anno di liceo, Paolo ha deciso di togliersi la vita, lasciando dietro di sé una comunità sconvolta e un dolore incancellabile.
Ora la relazione del Ministero e le indagini delle procure rappresentano un primo passo verso la verità, in una vicenda che mette ancora una volta sotto i riflettori l’urgenza di affrontare il bullismo scolastico non solo come un problema disciplinare, ma come una responsabilità collettiva.