
Il lavoro pubblico torna attrattivo: boom di concorsi e 600 mila nuovi assunti
Il lavoro pubblico è tornato ad attirare i giovani e i numeri sembrano confermarlo senza ambiguità. I segnali si accumulano da tempo e raccontano una svolta che fino a pochi anni fa appariva improbabile. All’ultimo concorso dell’Agenzia delle Entrate, che metteva a bando 2.700 posti, si sono presentati quasi 100 mila candidati, un dato che da solo restituisce la dimensione del fenomeno. A inquadrarlo è il ministro per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo (nella foto), che da mesi sottolinea come il pubblico impiego stia vivendo una nuova stagione.
Nel biennio 2023-2024, ricorda il ministro, sono stati assunti 439 mila nuovi dipendenti, con un’età media di 39 anni. Un ricambio che ha inciso in modo significativo sull’età complessiva dei circa tre milioni di lavoratori pubblici, scesa a 47 anni. Il trend, tutt’altro che esaurito, è proseguito anche nel 2025, anno in cui sono stati banditi 15 mila concorsi per altre 175 mila assunzioni. Il risultato è un dato destinato a segnare un’epoca: alla fine del triennio saranno oltre 600 mila i nuovi ingressi nella Pubblica amministrazione, l’equivalente di un dipendente su tre.
A rafforzare questa fotografia contribuisce il boom delle iscrizioni a InPA, il portale del Dipartimento della Funzione pubblica che raccoglie candidature e curricula per l’accesso ai concorsi. Al 23 dicembre scorso gli iscritti hanno raggiunto quota 2,81 milioni, quasi un milione in più rispetto all’anno precedente. Un dato che colpisce soprattutto per la composizione anagrafica: uno su quattro ha meno di 30 anni e uno su due non ha ancora compiuto 39 anni. È il segnale più evidente che il lavoro pubblico è tornato ad essere percepito come un’opportunità concreta dalle nuove generazioni.
Che il cosiddetto “posto fisso” non sia affatto tramontato lo certifica anche il Cnel, che nella sua ultima relazione ha registrato un aumento della partecipazione ai concorsi pubblici pari al 41,9 per cento rispetto all’anno precedente. Una crescita che si inserisce in un contesto di profonda trasformazione dello Stato, accelerata anche dalle risorse del PNRR. La macchina pubblica è sempre più digitale e orientata all’innovazione: servizi come l’App IO, il fascicolo sanitario elettronico e i pagamenti tramite PagoPA sono diventati parte della quotidianità dei cittadini.
In molte amministrazioni centrali, dall’INPS a Sogei, cresce inoltre l’uso dell’intelligenza artificiale, tanto da entrare nel dibattito sul nuovo contratto degli statali. «Il lavoro pubblico sta cambiando pelle e richiede competenze nuove, soprattutto digitali», è il messaggio che filtra dai vertici istituzionali.
Un altro fattore decisivo è quello retributivo. La continuità nei rinnovi contrattuali ha garantito aumenti costanti degli stipendi e oggi la retribuzione di ingresso nel pubblico impiego è spesso paragonabile, se non superiore, a quella del settore privato. Restano criticità, in particolare sulle carriere, tradizionalmente più lente e meno legate al merito. Su questo fronte, però, Zangrillo ha messo in campo una riforma che prevede percorsi più rapidi e trasparenti per l’accesso alla dirigenza, anche senza passare dai concorsi tradizionali.
I problemi non mancano. La difficoltà di coprire posti nelle grandi città e nel Nord, dove il costo della vita e degli affitti è elevato, resta una questione aperta. Sarà decisivo capire se il Piano Casa del governo riuscirà a introdurre soluzioni efficaci, magari con corsie preferenziali per i dipendenti pubblici. Ma il segnale che arriva dai giovani è chiaro e incoraggiante. Da qui al 2030 un milione di dipendenti pubblici andrà in pensione e dovrà essere sostituito. La nuova Pubblica amministrazione avrà bisogno di energie fresche e competenze digitali, e il ritorno di interesse verso il lavoro pubblico sembra indicare che il ricambio è già iniziato.