
Avvocato stalker dei suoi ex clienti (con la complicità della mamma e di una amica)

La procura ha chiuso uno dei tanti fascicoli di indagine su Piero Lorusso, 53 anni, accusato di pretendere con ripetute denunce migliaia di euro non dovuti per parcelle già intascate.
La mamma, l’amica, la sua stessa avvocata: tutti complici delle trame dell’avvocato Piero Lorusso per il quale la procura ha chiuso le indagini in uno dei tanti fascicoli che lo riguardano, contestandogli, con pochissimi precedenti analoghi, il reato di stalking in ragione delle sue persecuzione giudiziarie ai danni di una sua ex cliente, del marito e dei loro difensori. L’inchiesta firmata dal pm Silvia Santucci e dall’aggiunto Giovanni Conzo include altri reati ritenuti strumentali a un piano che denunciano di aver subito tanti altri clienti del 53enne ed è per questo una efficace sintesi di un modo di agire tollerato da anni dagli organi disciplinari dell’ordine, pur sollecitati sul caso.
LE CAUSE PERSE E LE PARCELLE ESORBITANTI
Lo schema, dunque: Lorusso assicura di poter vincere cause temerarie contro le banche e i loro presunti mutui usurai, uscendone quasi sempre sconfitto e lasciando in serie difficoltà economiche i suoi clienti. Su di loro poi si accanisce, chiedendo parcelle esorbitanti e ingiustificate non solo per l’esito nefasto dei processi ma anche perché prive di motivazioni concrete se non addirittura già saldate. Nel caso in esame la vittima e suo marito vedono recapitarsi in modo ingiuntivo una richiesta di 18.500 euro, che respingono al mittente perché in possesso di regolare quietanza di pagamento controfirmata da Lorusso.
«INCESSANTI AZIONI GIUDIZIARIE»
Qui, come riassume il capo di imputazione, l’avvocato e i complici da lui istigati mettono in atto «condotte reiterate consistite nel ricorso sistematico e strumentale ad incessanti azioni giudiziarie e denunce» nei confronti dei coniugi e degli avvocati che li assistono in sede civile e penale. Nelle denunce Lorusso sostiene che quella firma non sia la sua (sebbene una perizia la giudichi autentica) con una «pedissequa ripetizione di pretese già precedentemente azionate in sede civile e penale attraverso una serie di notule contenenti il riferimento ad importi esorbitanti in relazione al mandato difensivo svolto al fine esclusivo di intimidire le parti e farle desistere dal proseguire nella revoca del mandato e alla prosecuzione di azioni civili».
MAMMA, AMICI, AVVOCATA, TUTTI COMPLICI
Le vittime, oltre a vedere la propria vita stravolta dalla pioggia di processi da affrontare, ne subiscono il danno economico per le spese, finendo in uno stato di ansia e paura. In questa ciclopica produzione di cause — questo solo fascicolo ne riunisce altri 29 (!) degli ultimi tre anni — è decisivo il ruolo degli altri indagati, che a vario titolo «agevolano le condotte illecite di Lorusso». La madre Maria Maglio (indagata altrove per essersi prestata a distrarre un appartamento dai creditori del figlio), l’amica Elena Millanti e un altro soggetto ricorrente nelle vicende di Lorusso, Pasquale Schirone,sono accusati di false dichiarazioni per aver sostenuto che l’avvocato 53enne fosse a Bari (sua città di origine) il giorno in cui firmava la quietanza di pagamento a Roma, come invece accertato dalle indagini. Millanti e Maglio hanno ripetuto la stessa bugia a processo (falsa testimonianza) e ancora loro due, assieme a Lorusso e Laura Totino, sua avvocata, rispondono di calunnia per aver denunciato più volte la falsità di quella firma mostrata a propria difesa dalle vittime, pur sapendole innocenti.
TRIBUNALI INTASATI
Decine di cause analoghe intasano i tribunali del Lazio, dove decine di ex clienti di Lorusso sono finiti in un analogo inferno fatto di commercialisti, altri testimoni, grafologi e psicologi che si sarebbero prestati alle manovre dell’avvocato.
Fonte: corriere.it