
Aumentano le accise sul diesel, ma il calo del petrolio attutisce i rincari

Chi si reca a fare rifornimento di diesel difficilmente percepirà, almeno per ora, un cambiamento significativo. È entrato infatti in vigore il decreto che prevede un progressivo aumento dell’accisa sul gasolio, con l’obiettivo di equipararla a quella della benzina nei prossimi anni. Contestualmente, la tassa sulla benzina diminuirà di 1,5 centesimi al litro, mentre quella sul diesel salirà della stessa cifra.
Il provvedimento, attuativo della delega fiscale e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, permette già alle compagnie di adeguare i listini. Tuttavia, in questa fase, gli automobilisti potrebbero non avvertire immediatamente la differenza. La ragione principale risiede nel continuo calo del prezzo del petrolio sui mercati internazionali. A New York, il barile ha registrato un ribasso dell’1,98%, attestandosi a 61,91 dollari.
Ma cosa sta succedendo al mercato petrolifero? Nonostante l’attenzione mediatica fosse concentrata sulle dinamiche post-dazi di Trump, il “Re petrolio” non è rimasto immune alle turbolenze economiche globali. L’apparente stabilità celava infatti delle profonde increspature. Le politiche commerciali internazionali, basate sulla programmazione, soffrono l’incertezza generata dalle oscillazioni dei dazi, portando a una riduzione della crescita e, di conseguenza, a una minore domanda di energia.
Dopo una fase di tenuta tra i 68 e i 70 dollari al barile, ora si prospetta una possibile discesa sotto i 60 dollari. Un prezzo a questi livelli metterebbe in seria difficoltà il settore dello “shale oil” americano, per il quale l’estrazione non risulterebbe più conveniente sotto determinate soglie.
Le cause del ribasso del petrolio sono molteplici e interconnesse. L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede un rallentamento della domanda globale del 34% nel corso del 2025. Si passerà da un incremento di 990.000 barili al giorno nel primo trimestre a soli 650.000 nel resto dell’anno. A pesare sono le incertezze economiche, ma anche il possibile accordo tra Iran e Stati Uniti sul nucleare, che potrebbe portare alla revoca delle sanzioni sul greggio iraniano.
Anche sul fronte dell’offerta si registrano cambiamenti. L’Agenzia Internazionale dell’Energia stima un aumento di 1,6 milioni di barili al giorno nel 2025, con i paesi “non-OPEC+” che aumentano la produzione e l’OPEC+ che sembra invertire la rotta, sospendendo i tagli.
Paradossalmente, anche in queste dinamiche sembra esserci l’influenza di Trump, desideroso di mantenere bassi i prezzi della benzina in vista delle elezioni. Se alcune compagnie di “shale oil” dovessero incontrare difficoltà, ciò sembrerebbe avere un’importanza secondaria, dato che il settore si è riorganizzato attraverso fusioni. Inoltre, gli Stati Uniti possono contare sulle riserve strategiche.
In questo scenario di incertezza, dove tutti vogliono produrre e temono un calo della domanda, è difficile prevedere l’evoluzione del mercato petrolifero. Intanto, nella realtà quotidiana, “chi fa il pieno non si accorge di nulla”. Il diesel costa ancora meno della benzina, ma questa situazione non durerà per sempre a causa dell’aumento delle accise, in un “solito gioco fiscale” che concede da una parte per riprendere dall’altra. Per il momento, però, il calo del petrolio rende il rifornimento meno oneroso.