
A Roma i primi spiragli di dialogo tra Iran e USA

A quattro ore dalla conclusione dei colloqui ospitati nell’ambasciata dell’Oman, Roma si conferma “capitale del dialogo”, come definita dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. I negoziati tra Iran e Stati Uniti sul programma nucleare di Teheran si sono chiusi con dichiarazioni improntate alla speranza: “Ora anche l’improbabile è possibile”, ha commentato il mediatore omanita Badr Albusaidi. I progressi sono stati definiti “buoni” da un alto funzionario americano, e anche il ministro iraniano Abbas Araghchi ha parlato di “migliore comprensione su principi e obiettivi”.
I punti critici restano numerosi: gli Stati Uniti chiedono l’interruzione definitiva del programma nucleare iraniano e la cessione delle scorte di uranio arricchito a un Paese terzo. Teheran, dal canto suo, rifiuta limiti sull’arricchimento dell’uranio, che dichiara essere destinato a scopi civili, e pretende garanzie per evitare un nuovo dietrofront statunitense, come accadde nel 2015 con Donald Trump. Tra i possibili punti di convergenza figura la soglia del 3,67% per l’arricchimento, già emersa nel round precedente a Muscat. Inoltre, l’Iran ha escluso che il programma missilistico venga incluso nel negoziato.
Decisivo sarà anche il ruolo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), che pretende accesso pieno ai siti nucleari iraniani. Ma l’idea di trasformare l’intesa in un trattato internazionale, utile per garantirne la tenuta, sconta l’opposizione di una parte del Congresso americano e rischia di allungare i tempi.
Se a Teheran l’accordo viene ritenuto fondamentale per allentare le sanzioni e rilanciare un’economia stremata, resta forte l’opposizione dell’ala più radicale, per cui il programma atomico rappresenta una garanzia di sopravvivenza del regime. “Non deve essere una resa”, ha ammonito la Guida Suprema Ali Khamenei.
Sul fronte statunitense, Trump ha autorizzato l’inviato Steve Witkoff a continuare i colloqui, ma deve fronteggiare le pressioni di una parte dell’amministrazione e dell’alleato Israele, che mantiene una linea dura. “Mi impegno a impedire all’Iran di avere armi nucleari”, ha ribadito il premier Benjamin Netanyahu, che non esclude un attacco nei prossimi mesi. A Roma, nel giorno dei colloqui, era presente anche il ministro israeliano per gli Affari strategici, Ron Dermer.
Rafael Grossi, direttore dell’Aiea, è stato a Roma per incontrare Tajani e Witkoff dopo una visita a Teheran. Il suo giudizio è chiaro: “Il tempo stringe, la diplomazia è estremamente necessaria”. In vista del prossimo round a Muscat, previsto per il 26 aprile, le delegazioni valuteranno i margini di compromesso, sotto la pressione incrociata di interessi politici, timori strategici e l’urgenza della non proliferazione.