
Roma, morì per una rinoplastica: sospesi i medici che la operarono

Il gip Daniela Caramico D’Auria ha disposto l’interdizione dalla professione medica per un anno nei confronti di Marco e Marco Antonio Procopio, padre e figlio, ritenuti responsabili della morte di Margaret Spada, la 22enne deceduta il 4 ottobre 2024 a Roma durante un intervento di rinoplastica nello studio di via Cesare Pavese. Secondo l’ordinanza, i due chirurghi hanno operato la giovane «in una struttura priva del titolo autorizzativo all’esercizio di attività di chirurgia ambulatoriale» e, anche dopo il decesso, avrebbero continuato a effettuare interventi chirurgici.
Il giudice definisce i due medici «spregiudicati» e sottolinea che, se avessero chiamato tempestivamente i soccorsi e utilizzato il defibrillatore presente nello studio, la giovane avrebbe potuto essere salvata. Il pm aveva chiesto gli arresti domiciliari per il padre, ma la richiesta è stata respinta.
Margaret era arrivata nella Capitale insieme al fidanzato per sottoporsi a un intervento di «rimodellamento della punta del naso». Pochi minuti dopo l’inizio dell’operazione, la ragazza avrebbe accusato un improvviso malessere. «Il compagno fu invitato a entrare per calmarla, poi bloccato all’esterno. Quando rientrò, vide il personale sanitario intento a praticarle un massaggio cardiaco», si legge negli atti.
Dalle verifiche dei carabinieri del Nas è emerso che le chiamate al 118 furono effettuate solo a partire dalle 14.36, circa dieci minuti dopo i primi segnali di criticità, e che l’ambulanza arrivò alle 14.53, trovando la paziente già in arresto cardiaco. «Gli indagati – scrive il gip – non hanno compreso che era in atto una fibrillazione ventricolare da trattare immediatamente con defibrillatore, che avrebbe potuto garantire la sopravvivenza della vittima».
Il medico del 118, ascoltato dagli inquirenti, ha riferito che Marco Procopio gli avrebbe suggerito «di somministrare cortisone, sospettando una reazione allergica», nonostante la paziente non presentasse alcun segno clinico compatibile. Un’ipotesi negata successivamente dal chirurgo, ma che per il giudice «non modifica l’imperizia della condotta né la sottovalutazione di quanto stava accadendo».
Le accuse si aggravano anche per la mancanza di attrezzature idonee: «A parte il defibrillatore non utilizzato, la struttura non era dotata degli strumenti minimi necessari per un primo soccorso rianimatorio», precisa il gip.
Dopo la tragedia, Marco Antonio Procopio ha dichiarato di «non svolgere più attività medica», mentre il padre avrebbe iniziato a lavorare a Tirana. Tuttavia, non risultano richieste formali di cancellazione dall’albo professionale. Il giudice ha inoltre evidenziato che altri pazienti hanno segnalato «complicanze insorte dopo i trattamenti e danni risolti in sede civile».
Il legale dei due medici, l’avvocato Domenico Oropallo, sta valutando il ricorso al Tribunale del Riesame, precisando che «la richiesta di domiciliari era palesemente ridondante ed è stata giustamente respinta».
Un provvedimento che chiude una delle prime fasi dell’inchiesta sulla morte di Margaret Spada, ma che apre nuovi interrogativi sulla sicurezza delle strutture private e sui controlli nelle pratiche di chirurgia estetica.