
Quarticciolo, pusher protetti dai residenti con spray urticanti: scontro con la polizia

Un’operazione antidroga al Quarticciolo si è trasformata in uno scontro tra polizia e residenti, rivelando ancora una volta le difficoltà nel contrastare lo spaccio in questa area critica di Roma. Giovedì sera, durante un pattugliamento, gli agenti del commissariato Prenestino hanno sorpreso due spacciatori, un giovane tunisino e una donna italiana, intenti a vendere droga nei pressi di via Ostuni. Sullo scooter dei pusher sono stati rinvenuti 136 involucri di cocaina e crack, ma l’intervento ha scatenato una reazione violenta. Circa venti persone, tra cui alcune “vedette”, hanno circondato gli agenti utilizzando spray urticante per favorire la fuga del tunisino, poi bloccato poco dopo grazie all’arrivo di rinforzi.
Il presidio delle forze dell’ordine ha proseguito fino al giorno successivo con perquisizioni e controlli a tappeto. L’intervento si è concluso con l’arresto della donna e il fermo di altre undici persone, tra cui cinque stranieri irregolari. Tuttavia, l’episodio ha sollevato ancora una volta interrogativi sull’efficacia degli interventi in una zona dove lo spaccio è capillarmente organizzato e sostenuto da dinamiche malavitose. Il comandante dei vigili di Roma, Mario De Sclavis, ha dichiarato ai media: “Siamo pronti a fornire supporto in operazioni congiunte, ma è evidente che al Quarticciolo c’è un problema strutturale legato alla criminalità organizzata”.
Le reazioni istituzionali non si sono fatte attendere. Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, ha invocato l’adozione del “modello Caivano”, che coniuga interventi di sicurezza con il recupero sociale: “Serve una presenza costante dello Stato e un coinvolgimento attivo della società civile e del Terzo Settore”. Anche esponenti del centrodestra, tra cui Fabio Rampelli e Galeazzo Bignami, hanno espresso solidarietà ai poliziotti e ribadito la necessità di un approccio sistemico per ripristinare sicurezza e legalità in quartieri come il Quarticciolo. L’episodio rappresenta un campanello d’allarme per le istituzioni, sottolineando l’urgenza di un piano coordinato che affronti la radice del problema.