
Aveva rubato dal Verano 358 foto di donne defunte: condannato

Marco Conocchia, 53 anni, è stato condannato a due anni e quattro mesi per ricettazione in seguito a una vicenda che ha scosso l’opinione pubblica. Per oltre dieci anni, l’uomo si è aggirato nel cimitero del Verano a Roma, rubando immagini e frammenti di lapidi per collezionare foto di donne defunte. L’obiettivo della sua ossessione era collezionare volti di ragazze giovani e belle, un’inclinazione inquietante che l’ha portato a sottrarre e conservare nella sua abitazione 358 immagini, alcune delle quali incorniciate. Tra queste, anche la foto della madre dell’attore Enrico Montesano, morta nel 1953.
Un’ossessione di lunga data
Il comportamento di Conocchia era già noto alle autorità. Nel 2014, era stato condannato a otto mesi per aver rubato fotografie tra il 2008 e il 2010, ma questo non aveva fermato le sue azioni. Nel maggio 2020, un nuovo intervento dei carabinieri ha portato alla scoperta della macabra collezione nella sua abitazione, segnando l’inizio di un altro procedimento penale. Conocchia ha dichiarato di essere attratto dalla bellezza e dalla giovinezza delle donne rappresentate nelle immagini, un’ossessione che ha definito parte del suo amore per i cimiteri.
La profanazione di Elena Aubry
L’episodio più grave riguarda la profanazione della tomba di Elena Aubry, giovane motociclista morta in un incidente stradale. Conocchia è accusato di aver sottratto frammenti della sua lapide, un gesto che ha amplificato l’indignazione dei familiari e dell’opinione pubblica. Per questi atti, l’uomo è imputato in un procedimento parallelo con accuse gravi come violazione di sepolcro, vilipendio, sottrazione e occultamento di cadavere.
Una mente difficile da interpretare
Conocchia ha dichiarato che, dopo un certo tempo, si stancava delle immagini rubate e le buttava via, dimostrando un atteggiamento disturbante e inquietante. Gli esperti si interrogano sulla capacità dell’uomo di intendere e volere, vista la natura ripetitiva e ossessiva delle sue azioni. La sua vicenda evidenzia non solo la necessità di una giustizia severa, ma anche di un’analisi approfondita delle motivazioni psicologiche che lo hanno spinto a compiere tali atti.