
Viterbo, l’ombra del traffico d’armi dietro all’arresto dei turchi di origine curda

Restano in carcere Baris Kaya e Abdullah Atik, due cittadini turchi di origine curda, rispettivamente di 22 e 25 anni, arrestati il 3 settembre a Viterbo. I giovani sono stati trovati in possesso di una mitraglietta Tokarev d’assalto, una pistola Browning calibro 9 e tre caricatori, nascosti in un b&b situato a pochi metri dal percorso del Trasporto della Macchina di Santa Rosa, evento che richiama ogni anno migliaia di persone. Davanti al Gip Savina Poli, i due hanno mantenuto il silenzio, rifiutandosi di rispondere alle domande, come già accaduto davanti al pm Massimiliano Siddi.
L’avvocato difensore Mario Angelelli ha annunciato un possibile ricorso al Riesame per ottenere i domiciliari, ma le accuse di detenzione di armi clandestine, di cui una da guerra, rendono difficile l’ipotesi di una scarcerazione. Nel frattempo, gli investigatori sono alla ricerca del basista che avrebbe organizzato il loro arrivo a Viterbo.
Secondo gli investigatori, l’obiettivo di Kaya e Atik non sarebbe stato un attentato, bensì una vendita di armi. Le chat trovate nei loro telefoni aprono infatti alla pista del traffico internazionale, con canali paralleli a quelli dell’immigrazione clandestina. «Dietro l’aspetto trasandato dei due potrebbe celarsi un ruolo da trafficanti d’armi», fanno sapere fonti investigative.
Dettagli come le scorte di cibo accumulate nel b&b e l’abitudine dei due a restare chiusi in una sola stanza alimentano l’ipotesi che fossero in attesa di ordini o contatti per finalizzare un incontro. Informative pregresse indicano la zona tra Roma e Viterbo come punto di snodo per traffici illeciti. Non è un caso che cinque anni fa, a Formello, l’omicidio dell’imprenditore iraniano Said Ansary Firouz, coinvolto in traffici d’armi, avesse destato grande clamore.
L’inchiesta si intreccia con le attività della mafia turca, in particolare la rete dei cosiddetti Dalton, guidata dal boss Baris Boyun, arrestato proprio a Viterbo nel 2023. Le intercettazioni raccolte negli anni mostrano un’organizzazione con ramificazioni in Europa e America Latina, capace di gestire armi, droga e persino immigrazione clandestina. «C’è la fabbrica. Ho il mio produttore d’armi personale. Non li vendo, li do ai miei ragazzi», affermava lo stesso Boyun in una conversazione intercettata nel 2024.
Gli inquirenti sospettano che Kaya e Atik possano essere pedine di un sistema molto più ampio, in cui Viterbo e i suoi dintorni si confermano crocevia di traffici illeciti internazionali. Resta ancora da chiarire se la loro presenza in città, proprio nei giorni della festa patronale, fosse una coincidenza o parte di un piano preciso.