
Violenze, stalking e revenge porn: 44enne condannato a 5 anni

Un anno di persecuzioni, minacce e umiliazioni culminato in un processo che ha restituito giustizia a una donna vittima di violenza. Il tribunale di piazzale Clodio ha condannato a cinque anni di carcere, con rito abbreviato, un 44enne romano, ritenuto colpevole di stalking, revenge porn e violenza sessuale nei confronti dell’ex compagna, una donna di 43 anni. La sentenza è arrivata dopo un lungo calvario affrontato dalla vittima, che ha avuto il coraggio di denunciare e di raccontare in aula l’incubo vissuto.
La rottura tra i due era avvenuta alla fine del 2023, ma l’uomo non si era rassegnato. La scoperta di un nuovo legame affettivo della ex compagna aveva scatenato in lui una spirale di rabbia e ossessione. Le minacce erano presto diventate concrete: cartelli con frasi volgari e offensive affissi nell’androne del condominio, chiamate continue, messaggi minatori, fino a veri e propri atti di intimidazione. «Te la farò pagare», scriveva l’imputato, tentando di rientrare nella vita della donna con ogni pretesto, come la scusa della mancanza d’acqua nel proprio appartamento.
Proprio in una di queste occasioni, secondo l’accusa, riuscì a intrufolarsi in casa e costringere la donna a un rapporto sessuale contro la sua volontà. Poi, la diffusione di foto e video intimi, inviati perfino alla madre della vittima. Un gesto estremo che ha preceduto l’episodio finale: una citofonata notturna insistente, che ha spinto la donna, spaventata, a rifugiarsi in bagno e chiamare la polizia.
Grazie anche al sostegno dell’Associazione Pro Territorio e Cittadini, che si è costituita parte civile nel processo, la donna ha potuto affrontare l’iter giudiziario. In aula ha raccontato con lucidità le umiliazioni subite e la difficoltà di ricostruire la propria vita, anche nei rapporti quotidiani con i vicini di casa. «È stato difficile ricucire i rapporti dopo le offese pubbliche subite», ha detto ai giudici.
«Invito tutte le vittime a non sottovalutare i segnali iniziali. La denuncia tempestiva è fondamentale», ha dichiarato l’avvocato Antonio Nucera, legale della donna. Soddisfazione anche da parte dell’avvocato Gabriele Colasanti, che rappresentava l’associazione di supporto: «Con questa sentenza si riconosce la gravità di reati come questi e il ruolo essenziale delle realtà del terzo settore nel garantire protezione e ascolto».
L’esito del processo rappresenta un passo in avanti nel riconoscimento giuridico e sociale della violenza domestica e psicologica, comprese le sue più subdole declinazioni digitali come il revenge porn. Ma soprattutto lancia un messaggio chiaro: le vittime non sono sole, e la giustizia può arrivare.