
Uccideva e smembrava i fidanzati della figlia, condannato all’ergastolo

Dopo più di quindici anni, si avvia verso la conclusione uno dei cold case più macabri dell’area alpina. È stato infatti rinvenuto in Germania, nel giardino della vecchia casa del killer, il cranio di Mustafa Sahin, il giovane ventenne tedesco di origine turca ucciso e smembrato nel 2008 da Alfonso Porpora, oggi noto come il “padre-killer di Sontheim”. A trovarlo, sotto alcune lastre di cemento, è stato l’attuale proprietario dell’abitazione di Porpora. La conferma definitiva potrà arrivare solo con l’esame del DNA, ma tutto fa pensare che si tratti dell’ultimo pezzo mancante del corpo di Sahin, ritrovato decapitato in uno scatolone lungo l’autostrada del Brennero, nei pressi di Chiusa, in Alto Adige.
Alfonso Porpora, oggi 61 anni, è stato condannato all’ergastolo in Germania per tre omicidi, tutti caratterizzati dallo stesso rituale brutale: strangolamento, smembramento e occultamento dei cadaveri. La sua prima vittima fu proprio Mustafa Sahin, genero che non aveva mai accettato nonostante lo avesse obbligato a sposare la figlia dopo una gravidanza. Dopo averlo ucciso il 13 febbraio 2008, Porpora costrinse la figlia a dichiarare che l’uomo si era allontanato volontariamente. «Solo anni dopo, durante la detenzione per altri delitti, ha ammesso di averlo ucciso e abbandonato il corpo lungo l’A22».
Nel 2014, la seconda vittima fu Marco, nuovo compagno della figlia. Anche lui strangolato in un garage, conservato in un congelatore, poi fatto a pezzi con una motosega e sepolto in un bosco vicino a Enna. L’ultima vittima, nel 2018, fu il proprietario del garage in affitto a Porpora, ucciso dopo essere stato costretto a firmare alcuni contratti.
La confessione resa in carcere da Porpora ha permesso alla polizia del Baden-Württemberg di ricostruire il legame tra i resti trovati in Alto Adige e la scomparsa di Sahin. A confermare l’identità del corpo fu la figlia del killer, moglie della vittima, che riconobbe gli indumenti e le mani nelle foto inviate dalla Procura di Bolzano. I test del DNA sui figli e i genitori di Sahin hanno dato esito positivo, chiudendo così un’indagine rimasta per anni senza volto né movente.
«Solo ora la giustizia può restituire un nome e una verità al cadavere abbandonato nel 2008», ha commentato un inquirente vicino al caso. Restano ancora da chiarire i dettagli della collusione dei figli di Porpora, già condannati a pene tra i nove e i quindici anni per complicità negli omicidi.
Il ritrovamento del cranio potrebbe chiudere definitivamente il caso e consentire alla Procura di Bolzano di archiviare formalmente il fascicolo sulla morte di Mustafa Sahin. Un ultimo tassello di una storia raccapricciante che ha attraversato tre decenni, due Paesi e tre vittime, tutte accomunate da un legame con la figlia del killer. Porpora, che sta scontando la sua pena in un carcere tedesco, non ha mai fornito spiegazioni complete sul movente dei delitti, alimentando l’alone oscuro intorno alla sua figura.