
Stallo sulle pensioni, la Lega minaccia lo stop alla legge di Bilancio
La legge di Bilancio entra nella sua fase più delicata e il nodo delle pensioni rischia di far saltare gli equilibri nella maggioranza. La Lega ha alzato il livello dello scontro minacciando di non votare il maxi-emendamento da 3,5 miliardi presentato dal governo, un testo che riscrive una parte significativa della manovra. Il punto di frizione è l’uscita anticipata dal lavoro e, in particolare, l’allungamento dei tempi effettivi per andare in pensione.
«Il punto è molto semplice: con un allungamento anche formale dell’età pensionistica noi quell’articolo non lo votiamo», ha dichiarato Claudio Borghi, senatore della Lega e relatore della legge di Bilancio. Una presa di posizione netta, che arriva mentre Palazzo Madama è impegnato in una corsa contro il tempo per approvare la manovra entro fine anno.
Il governo ha già fatto un primo passo indietro, cancellando del tutto il meccanismo che avrebbe aumentato il costo del riscatto della laurea, una misura particolarmente contestata. Ma per il Carroccio non basta. Resta aperta la questione delle finestre mobili, ovvero il periodo che intercorre tra il raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata e l’erogazione effettiva dell’assegno. Un allungamento che, di fatto, ritarda l’uscita dal lavoro senza modificare formalmente l’età pensionabile.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha difeso l’impianto della norma sottolineandone la flessibilità. «È un intervento che tiene il sistema, ma che può essere cambiato quando si vuole, come si vuole, ben prima della scadenza del 2033», ha spiegato, richiamando la necessità di garantire la sostenibilità dei conti pubblici. Ma la previdenza resta un terreno politicamente sensibile, soprattutto per la Lega che ha sempre rivendicato una linea di tutela dei pensionati e dei lavoratori prossimi all’uscita.
Nella notte, per provare a disinnescare lo scontro, il governo ha annunciato lo stralcio di una parte consistente del maxi-emendamento, che confluirà in un decreto separato. Una mossa pensata per superare le resistenze leghiste ed evitare il rischio di un ostruzionismo parlamentare che costringerebbe il Senato a votare oltre 5mila emendamenti, con tempi incompatibili con l’approvazione della manovra.
Sul tavolo restano comunque alcuni risultati che la Lega può rivendicare. Tra questi, il taglio al 3 per cento del tasso di interesse applicato alle rate della nuova rottamazione delle cartelle, anche se la platea dei beneficiari rimarrà invariata. È stato inoltre approvato un emendamento che istituisce zone franche doganali nel Basso Lazio, mentre sono in corso interlocuzioni per rimodulare le risorse destinate alle metropolitane di Roma e Milano, utilizzando fondi residui.
Nel frattempo, la manovra inizia a incorporare anche due strumenti finanziari destinati a garantire una continuità agli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza oltre la scadenza di agosto 2026. In particolare, a Cassa Depositi e Prestiti sarà affidata la gestione degli investimenti sugli studentati universitari, mentre a Invitalia andrà il nuovo Fondo nazionale per la connettività.
Per quanto riguarda l’università, il ministero guidato da Anna Maria Bernini potrà contare sul programma “Student housing fund”, che vale 600 milioni di euro, la metà delle risorse Pnrr destinate alle residenze universitarie. L’obiettivo è contribuire alla realizzazione di 60mila posti letto a prezzi calmierati. Sul fronte della connettività, Invitalia gestirà 700 milioni di euro destinati al completamento della fibra ultraveloce nelle cosiddette aree grigie, territori dove i privati investono con maggiore difficoltà.
Tra le altre novità che entrano in legge di Bilancio figura anche la proroga fino al 2036 dell’affidamento del servizio universale a Poste Italiane, che sarebbe scaduto a metà del prossimo anno. Dal maggio 2026, però, la posta prioritaria uscirà dal perimetro del servizio universale. Restano infine in discussione i correttivi sui compensi delle pubbliche amministrazioni ai professionisti con debiti fiscali e alcune modifiche per ampliare le basi militari coinvolte in programmi strategici del ministero della Difesa.
Il confronto sulle pensioni, però, resta il vero banco di prova. Nelle prossime ore si capirà se il compromesso sarà sufficiente a ricomporre lo strappo o se la manovra rischierà di arenarsi proprio sul tema più sensibile per milioni di lavoratori.