
Siti sessisti, Noi Moderati propone l’obbligo di identificazione digitale

Negli ultimi giorni, i casi legati alle piattaforme “Mia moglie” e “Phica.net/Phica.eu” hanno riportato al centro del dibattito pubblico il tema della violenza digitale e del sessismo online. Una questione che, in un contesto come quello del web, appare difficile da arginare. Eppure, tra governo e Parlamento, le prime risposte concrete stanno arrivando: dal nuovo reato di diffusione illecita di contenuti manipolati con intelligenza artificiale alle proposte per limitare l’anonimato in rete.
Il governo punta sul disegno di legge sull’intelligenza artificiale, già in terza lettura al Senato e atteso in Aula nei prossimi giorni. Nel testo è prevista l’introduzione di una nuova fattispecie penale: la diffusione senza consenso di immagini, video o audio manipolati attraverso sistemi di IA, capaci di ingannare sulla loro autenticità. La pena prevista va da uno a cinque anni di reclusione. Basterà la querela della vittima, ma in alcuni casi – come quando il reato colpisce minori, persone fragili o autorità pubbliche – si potrà procedere anche d’ufficio. Una stretta che il governo considera il primo passo per contrastare fenomeni come i deepfake, sempre più diffusi e spesso usati per colpire donne e figure pubbliche.
Parallelamente, il Parlamento sta elaborando ulteriori strumenti di contrasto. Il gruppo Noi Moderati, con i progetti di legge firmati da Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, propone l’introduzione dell’obbligo di identificazione digitale per l’accesso a piattaforme e siti, attraverso Spid, Cie o sistemi europei come Idas. L’obiettivo è superare l’anonimato, senza però limitare la libertà di opinione. «L’anonimato in rete costituisce uno strumento per eludere le responsabilità legali e favorire comportamenti che nella vita reale sarebbero condannati», ha dichiarato Andrea Riffeser Monti, presidente della Fieg. Il ddl introduce anche il reato di diffusione fraudolenta di deepfake, punito con pene fino a cinque anni e multe fino a 100mila euro.
Secondo Maria Stella Gelmini, la risposta normativa deve accompagnarsi a un impegno delle piattaforme digitali: «Sarebbe opportuno un tavolo di confronto permanente con i grandi fornitori di servizi». Intanto, il leader Maurizio Lupi ha annunciato la richiesta di una calendarizzazione urgente del provvedimento. Anche le istituzioni parlamentari si muovono: la commissione d’inchiesta sui femminicidi ha deciso di aprire un nuovo filone sull’odio e la violenza online, con l’obiettivo di arrivare a una proposta di indirizzo al termine di un ciclo di audizioni.
La battaglia contro la violenza digitale è appena cominciata, ma i segnali convergono: governo e Parlamento intendono dare risposte rapide a un fenomeno che mette a rischio diritti, dignità e sicurezza delle persone, in particolare delle donne, nell’era dell’intelligenza artificiale.