
Sgominata la rete pro-Hamas in Italia: 9 arresti
Un circuito di raccolta fondi presentato come sostegno umanitario alla popolazione palestinese, ma che secondo gli investigatori avrebbe alimentato in modo sistematico le casse di Hamas e di realtà ad essa collegate. È l’asse dell’inchiesta coordinata dalla Procura di Genova e dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo che ha portato all’arresto di sette persone, mentre altre due risultano latitanti: una in Turchia e una a Gaza. Al centro del fascicolo, un flusso complessivo di 7 milioni e 288 mila euro, ricostruito dagli inquirenti a partire dal 18 ottobre 2001 fino a oggi, con una quota ritenuta “dirottata” verso finalità illecite superiore al 71% delle somme.
La svolta investigativa passa da attività tecniche e da un lavoro definito “capillare” nelle carte: intercettazioni telematiche su apparati informatici, un’operazione sotto copertura e l’estrazione di dati da computer nella disponibilità degli indagati, per un totale di quasi quattro terabyte. Da quel materiale sarebbe stato possibile ricostruire il tracciato del denaro, poi riscontrato anche grazie a documentazione trasmessa da Israele nell’ambito della cooperazione giudiziaria. Nell’ordinanza si richiama inoltre il quadro emerso dopo l’attacco del 7 ottobre 2023, letto come indicatore di una capacità organizzativa e logistica che presupporrebbe canali finanziari consolidati. Nelle perquisizioni eseguite in diverse città – tra cui Genova, Milano, Monza, Firenze, Roma, Bologna, Torino, Modena, Bergamo e Lodi – è stato sequestrato oltre un milione di euro in contanti.
Secondo quanto contestato, la raccolta e l’invio dei fondi avvenivano soprattutto attraverso tre strutture: l’Associazione benefica di solidarietà col popolo palestinese (ABSPP) con sede a Genova, una seconda organizzazione di volontariato sempre riconducibile alla sigla ABSPP, e l’associazione “La Cupola d’Oro” con base a Milano. Il gip di Genova ha disposto per queste realtà un sequestro preventivo – diretto o per equivalente – fino al valore di 8.160.067 euro, somma che comprende sia i flussi ritenuti illeciti sia le spese di funzionamento contestate (canoni, stipendi, trasferte). Le modalità di trasferimento, nell’impianto accusatorio, avrebbero alternato bonifici e trasporto di contanti tramite canali informali: triangolazioni con soggetti all’estero (in particolare in Turchia) e “spalloni” con passaggi attraverso Egitto, Cisgiordania e Giordania per aggirare controlli e blocchi. Le cifre ricostruite parlano di circa 4,9 milioni via bonifici e oltre 2,3 milioni in contanti, con un file contabile interno – denominato “Conto Gaza” – che avrebbe registrato raccolte per località e referenti.
Tra gli arrestati figura Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione dei palestinesi in Italia, già inserito in una black list statunitense per presunti finanziamenti al terrorismo. Per l’accusa sarebbe un riferimento del comparto estero di Hamas e, in Italia, il vertice di una cellula operativa che avrebbe usato le associazioni come copertura per sostenere l’organizzazione. Nelle carte si evidenzia anche un “pericolo attuale di fuga”: Hannoun avrebbe programmato la partenza per Istanbul il 27 dicembre 2025, con la famiglia pronta a raggiungerlo. L’ordinanza attribuisce rilievo anche alla presunta “ripulitura” ripetuta dei dispositivi elettronici, letta come tentativo di cancellare tracce.
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato di un’operazione “molto importante”, sostenendo che sia stato “squarciato il velo” su attività che dietro iniziative pro-palestinesi avrebbero celato finalità terroristiche. Da Israele, il ministro della Diaspora Amichai Chikli ha definito gli arresti un passaggio significativo nella lotta al terrorismo, sottolineando un presunto spostamento del baricentro operativo verso l’Europa.
M.M.