
Roma, sgominata banda di ladri violenti: 5 arresti al campo rom

Cinque membri di una banda specializzata in furti violenti in abitazione sono stati arrestati dai carabinieri di Frascati dopo un’indagine complessa, condotta attraverso pedinamenti e intercettazioni telefoniche e satellitari. Tra l’11 e il 27 novembre, i banditi hanno messo a segno otto colpi tra Grottaferrata, Centocelle e Fidene. La loro base operativa era situata nel campo rom di via dei Gordiani, dove ieri mattina sono stati fermati il capo della banda, Luigi D. G., 54 anni, e la sua compagna Laura M., 34 anni, che ricopriva un ruolo organizzativo. Gli altri tre complici – Valentino M., nipote della donna, e due giovani di 24 anni, Florin T. e Alex M. – erano già stati arrestati pochi giorni prima e si trovavano nel carcere di Regina Coeli.
La banda agiva con uno schema consolidato. Utilizzando una Jeep Renegade noleggiata, Luigi D. G. accompagnava i complici sui luoghi dei furti, scegliendo abitazioni di coppie anziane. Armati di sbarre di ferro, i ladri facevano irruzione nelle case, spesso sorprendendo i proprietari. Il primo colpo risale all’11 novembre, quando hanno saccheggiato due appartamenti a Grottaferrata, portando via un bottino di circa 10mila euro. Una vicina di casa, insospettita dalla Jeep, è però riuscita a fotografare la targa, permettendo ai carabinieri di attivare il sistema “Targa System” per monitorare gli spostamenti del veicolo. Nei giorni successivi, la banda ha continuato a colpire: il 16 novembre, in via Canosa di Puglia, e il giorno successivo a Capannelle, dove hanno aggredito un uomo trovato in casa, minacciandolo di morte se avesse denunciato l’accaduto. L’escalation di violenza è culminata nell’irruzione in via Cavallieri di Vittorio Veneto, sempre a Grottaferrata, dove hanno picchiato una coppia di anziani durante la cena, costringendoli a consegnare anche le fedi nuziali.
L’indagine ha portato alla scoperta di un secondo filone legato al traffico di telefoni cellulari all’interno del carcere di Regina Coeli. Mentre le utenze telefoniche del capo e della sua compagna erano sotto controllo, i tre complici arrestati hanno continuato a contattarli dal penitenziario utilizzando un cellulare “affittato” all’interno e poi un secondo telefono introdotto dall’esterno. Le conversazioni intercettate rivelano richieste di denaro e ricariche telefoniche, accompagnate da minacce: «Se non ci aiutate, vi denunciamo». Gli investigatori stanno ora seguendo questa nuova pista per far luce sul giro di telefoni e sim nel carcere e sulle eventuali complicità che hanno permesso ai detenuti di disporre liberamente di dispositivi per comunicare con l’esterno.