
Roma, nuove piste nelle indagini sulla morte della 39enne americana

La morte di Leila Khelil, avvocata americana di 39 anni trovata senza vita il 15 luglio in un appartamento di via Guattani, vicino a Villa Torlonia, rimane un enigma che scuote Roma e gli Stati Uniti. La giovane professionista, giunta in Italia per frequentare un master in fashion law, era descritta come brillante e determinata. Ora gli inquirenti cercano di far luce su un intreccio di relazioni, messaggi e dettagli che potrebbero svelare cosa sia accaduto nei giorni precedenti al decesso.
Secondo gli scambi di messaggi recuperati, Leila stava frequentando un uomo italiano a Roma. La coinquilina, con cui aveva stretto un rapporto di confidenza, ha confermato che la 39enne aveva un appuntamento con lui proprio nel fine settimana in cui sarebbe avvenuta la morte. L’avvocato della famiglia, Francesco Zofrea, considera questa relazione un elemento fondamentale: «Potrebbe fornire spunti utili alle indagini difensive». La stessa coinquilina, rientrata negli Stati Uniti, è ora in contatto con il legale.
Il corpo di Leila è stato rinvenuto in avanzato stato di decomposizione, facendo risalire la morte al 13 luglio. In un primo momento erano stati notati segni sospetti sull’addome, interpretati come possibili tracce di violenza. Successivamente, l’autopsia ha ricondotto quelle macchie a fenomeni degenerativi post mortem. L’ipotesi di omicidio è stata quindi accantonata a favore di una nuova pista: la morte come conseguenza di un altro reato, forse legata all’assunzione di sostanze non volontaria. La Procura ha aperto un fascicolo contro ignoti e attende i risultati degli esami tossicologici, previsti entro il 19 settembre. Restano misteri anche attorno all’assenza di un documento personale e alla porta chiusa a doppia mandata, senza segni di effrazione.
Intanto, la salma di Leila si trova ancora a Roma, nonostante il nullaosta al trasferimento negli Stati Uniti. I genitori, Ralph e la moglie, vivono con angoscia l’attesa, organizzando veglie e appelli per riportare la figlia a casa e darle una degna sepoltura a Los Angeles. «Vogliamo solo che Leila torni a casa», hanno dichiarato con dolore. La donna conduceva una vita agiata, aveva studiato in Francia e negli Stati Uniti e si era da poco trasferita a Roma, accolta in un ambiente universitario stimolante. Un percorso interrotto bruscamente, lasciando dietro di sé domande senza risposta.
Il giallo di via Guattani rimane aperto: tra piste investigative, esami scientifici e testimonianze, la verità sulla morte di Leila Khelil potrebbe emergere solo nei prossimi mesi, restituendo giustizia a una giovane vita spezzata troppo presto.