
Roma, droga venduta su Telegram e Instagram: tre arresti
Una rete di spaccio hi-tech, organizzata come un vero e proprio e-commerce della droga, è stata smantellata dai carabinieri di Roma. I pusher utilizzavano canali Telegram e profili Instagram per vendere hashish, marijuana e cocaina, con pagamenti in criptovalute e consegne effettuate tramite corrieri. Un sistema sofisticato, che univa anonimato digitale e logistica precisa, ora finito sotto sequestro con tre arresti nella Capitale.
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Nucleo Operativo della compagnia di Roma-Eur, in collaborazione con la Sezione Criptovalute del Comando Carabinieri Antifalsificazione Monetaria. Le indagini, partite nel 2023, sono state avviate dopo l’analisi di alcune piattaforme di exchange intestate a uno degli indagati. Attraverso questi canali, gli investigatori hanno scoperto transazioni sospette di criptovalute, depositate su portafogli digitali riconducibili a un cittadino cinese, già arrestato nel giugno 2024 per riciclaggio. Il denaro, di provenienza illecita, veniva convertito in criptovalute, trasferito su wallet esteri e poi riconvertito in contanti, così da essere reinserito nei circuiti economici legali.
Durante le perquisizioni, i carabinieri hanno sequestrato 15 chilogrammi di hashish, una pistola semiautomatica Browning calibro 9 con matricola abrasa, sei flaconi di Rivotril e cinque bombe carta. I tre arrestati – tutti residenti a Roma, di cui uno già detenuto nel carcere di Civitavecchia – sono accusati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, mentre uno di loro dovrà rispondere anche di riciclaggio e autoriciclaggio.
Il gruppo criminale gestiva la base logistica in un appartamento situato appena fuori città, dove la droga veniva stoccata, confezionata in pacchi sigillati e spedita ai clienti tramite corrieri. I plichi erano perfettamente etichettati con finte diciture dei servizi postali, così da confondersi tra le normali spedizioni commerciali. Le comunicazioni tra acquirenti e venditori avvenivano solo su canali criptati e anonimi, mentre i pagamenti venivano ricevuti in criptovalute per garantire la massima riservatezza.
Gli investigatori sospettano che la rete sia solo una parte di un sistema più ampio, con collegamenti in altre regioni italiane e potenzialmente anche all’estero. Gli accertamenti proseguono per identificare altri soggetti coinvolti nella gestione del traffico di droga e nel riciclaggio dei proventi in moneta digitale. Secondo le prime stime, l’organizzazione avrebbe movimentato un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro, sfruttando le potenzialità delle criptovalute per mascherare la provenienza dei fondi e aggirare i controlli bancari.
M.M.