
Roma, cresce il numero del clochard: +43% in 5 anni, il 62% stranieri

Il numero delle persone senza fissa dimora a Roma continua a crescere. Secondo i dati del Campidoglio contenuti nel report Servizi elettorali e demografici, nel 2024 sono 26.347 i cittadini iscritti all’indirizzo fittizio di via Modesta Valenti, contro i 25.694 dell’anno precedente. Nel 2019 erano 18.366: un aumento del 43% in cinque anni. L’impennata più significativa si è registrata nel biennio del Covid, con oltre seimila persone in più rispetto al periodo pre-pandemia, un segnale dell’impatto economico che la crisi sanitaria ha avuto sulla vita di molti.
Il profilo dei senzatetto romani è complesso e in continua trasformazione. Gli stranieri rappresentano il 62,3% del totale (16.416 persone), mentre le donne sono il 29,2% (7.692), con una presenza femminile più alta tra gli italiani (32,9%) rispetto agli stranieri (27%). Due municipi concentrano i due terzi del fenomeno: il Municipio I, che da solo raccoglie 11.594 iscrizioni (il 44% del totale), e il Municipio VI, nella periferia est. All’estremo opposto il Municipio XII, con appena 213 persone (0,8% del totale).
Via Modesta Valenti, indirizzo virtuale istituito dal Campidoglio, serve a garantire ai senza dimora il diritto di cittadinanza. Possono iscriversi persone che vivono in strada o nei dormitori, nei centri di accoglienza o vittime di violenza domestica. Ad aprile 2024 il Comune ha semplificato le procedure, eliminando la mediazione obbligatoria di servizi pubblici e associazioni, per rendere più rapido l’accesso all’assistenza.
“La mattina lavorano e la sera dormono da noi”, racconta al Messaggero Roberta Molina, responsabile dell’area accoglienza della Caritas di Roma. “Da noi” significa gli ostelli Don Luigi di Liegro in via Marsala e quello di via Casilina Vecchia, che offrono complessivamente 285 posti. La Caritas, oltre all’ospitalità, svolge un lavoro costante sulle strade per intercettare chi vive ai margini e convincerlo “a intraprendere un percorso di riscatto sociale”.
Chi sono queste persone? “È una fotografia davvero eterogenea. Sono italiani e stranieri, soprattutto giovani. Molti soffrono di disturbi psichici o di dipendenze. La giovane età è un fattore nuovo rispetto al passato: sono ragazzi tra i venti e i quarant’anni, spesso senza una rete familiare o con legami troppo fragili”, spiega Molina. Molti svolgono lavori saltuari, “magari per una settimana, ma cerchiamo di aiutarli a trovare impieghi più stabili”. Per gli stranieri i volontari organizzano corsi di italiano, mentre per tutti vengono attivati corsi professionalizzanti per diventare barman, estetisti o parrucchieri.
Gli italiani rappresentano circa il 40% degli ospiti della Caritas. “Le storie sono sempre molto complesse: perdita del lavoro, separazioni, problemi familiari. Spesso il primo passo è convincerli a curarsi e ad accettare un percorso di reinserimento. A volte servono mesi”, racconta ancora Molina. Molti vivono in luoghi di sosta sparsi in tutta Roma, spesso nascosti alla vista. “Non vogliono essere trovati perché non si fidano, pensano che non ci sia una possibilità di aiuto”, conclude. Un fenomeno che, dietro le cifre, mostra un volto sempre più giovane e invisibile della povertà urbana nella Capitale.