
Roma, blitz della Polizia contro la mafia cinese: arresti e sequestri

Un giro d’affari che intreccia droga sintetica, riciclaggio di denaro e lavoro nero, con un perno saldo nella Capitale, ma con ramificazioni in altre 25 città italiane. È la nuova inchiesta sul crimine organizzato cinese condotta dalla polizia di Stato e coordinata dallo Sco, il Servizio centrale operativo. L’ultima operazione, messa a segno nei giorni scorsi, ha portato all’arresto a Colli Albani di un 34enne cinese con 150 grammi di shaboo pura al 98% in tasca. Una sostanza potentissima, molto più pericolosa della metanfetamina, che arriva in Italia dal mercato asiatico.
Il blitz ha coinvolto diversi quartieri della città, da San Paolo al Tuscolano fino al Prenestino. A Roma sono stati arrestati due cittadini stranieri per traffico di stupefacenti e altri due sono stati denunciati per irregolarità amministrative. In totale, sono stati sequestrati 500 grammi di shaboo. Inoltre, in collaborazione con la Asl, è stata disposta la chiusura di un ristorante e di un market, con il sequestro di 130 chili di alimenti scaduti. Stop anche a un centro massaggi del Prenestino, dove sono emerse gravi violazioni sul lavoro, anche se «non sono stati riscontrati elementi legati alla prostituzione», precisano gli inquirenti.
Le indagini sono all’inizio e gli investigatori stanno puntando a ricostruire la rete di contatti tra i vari soggetti, spesso appartenenti alle stesse organizzazioni criminali. La polizia scientifica sta analizzando i campioni di droga sequestrati per cercare corrispondenze chimiche con sostanze intercettate in altre città, come Milano, Prato, Vicenza, Firenze e Genova.
Il cuore dell’indagine batte però anche sul fronte finanziario, dove gli agenti della Mobile stanno seguendo due piste. La prima riguarda l’attività clandestina di “hawala”, un sistema bancario informale che permette il trasferimento in nero di ingenti somme di denaro, addirittura tra continenti. «Un meccanismo di pagamento usato per regolare transazioni criminali, dalla droga al traffico di migranti», spiegano gli investigatori, che stanno lavorando da mesi per smantellare la rete che permette ai narcos di “ripulire” il denaro sporco.
La seconda pista riguarda invece il riciclaggio di denaro attraverso attività commerciali gestite da soggetti riconducibili alla criminalità cinese. Negozi, bar, ristoranti e centri massaggi nel mirino in diversi municipi di Roma. Gli accertamenti riguardano anomalie nei flussi finanziari, impiego di lavoratori senza contratto e irregolarità igienico-sanitarie, soprattutto nella conservazione degli alimenti. Si tratta solo del primo filone di indagine e gli agenti stanno ora passando al vaglio i conti correnti per identificare gli schemi e le connessioni tra queste attività.
L’operazione rappresenta solo l’inizio di una complessa attività investigativa, che potrebbe allargarsi nei prossimi mesi ad altre città italiane. L’obiettivo è quello di mappare l’intera rete della mafia cinese in Italia, analizzando i legami tra i singoli soggetti, il flusso di droga sintetica e i canali internazionali di riciclaggio. A Roma, la presenza ormai radicata di attività economiche parallele al mercato legale diventa il punto di partenza per capire l’intero ecosistema criminale che agisce sotto la superficie della legalità.