
Rocca di Papa, netturbino spara all’assassino del figlio e lo uccide

Sono le 10.45 del mattino, la piazza centrale di Rocca di Papa è gremita di gente, tra ragazzi in attesa dell’autobus e clienti ai tavolini del belvedere. È lì che, all’improvviso, compare Guglielmo Palozzi, netturbino di 61 anni, la pistola ancora in mano. Davanti a lui, colpito alle spalle, giace Franco Lollobrigida, 35 anni, pregiudicato con un passato violento e un presente segnato da una condanna a dieci anni per omicidio preterintenzionale. Secondo la sentenza d’Appello, fu proprio lui a ridurre in fin di vita Giuliano Palozzi, il figlio di Guglielmo, massacrato di botte nel 2020 per un debito di droga da 25 euro. Nonostante la condanna, era a piede libero ed aveva già annunciato il ricorso in Cassazione.
I vecchi del paese hanno capito tutto in un attimo. «Coita coita, Gugliè!», hanno gridato in dialetto: «Scappa, scappa, Guglielmo!», cercando di coprirlo mentre si allontanava lasciando il carretto dei rifiuti. Ma il colpo ormai era stato esploso. Lollobrigida, ferito gravemente, è riuscito a trascinarsi su per le scalinate della piazza, dove si è accasciato sotto un albero. «Mi hanno sparato al polmone, non respiro», avrebbe sussurrato, prima di morire, secondo il racconto del gestore del chiosco.
L’arresto è arrivato poco dopo. I carabinieri hanno trovato Palozzi seduto in silenzio vicino alla sede della ditta dei rifiuti. Nessuna resistenza. Nessuna parola. In caserma si è avvalso della facoltà di non rispondere e ha detto soltanto: «Non voglio parlare di questa cosa». La pistola non è ancora stata ritrovata, ma diversi testimoni affermano di averlo visto estrarla dal marsupio.
Nel paese, nessuno condanna apertamente Guglielmo. «Solo chi ha un figlio può capire», dice una residente polacca. «È un uomo buono, ci ha aiutati tante volte», racconta una vicina di casa. Anche il sindaco, Massimiliano Calcagni, esprime pietà: «Sono persone bravissime. Non giustifico, ma capisco il dolore». E dalla sua famiglia emergono dettagli che rendono ancora più amara la tragedia: «Lunedì sera eravamo tutti felici, gli abbiamo detto che sarebbe diventato nonno di due nuovi nipotini», dice la nuora.
Dopo la morte di Giuliano, Guglielmo non ha mai più parlato del dolore che lo lacerava. Quasi come se quello che era successo non fosse mai accaduto. Ma ieri, trovandosi davanti quell’uomo che per la legge non era ancora in carcere, qualcosa si è spezzato ed è scattato l’irrefrenabile desiderio di vendetta. I carabinieri indagano ora sulla possibile premeditazione e sull’origine dell’arma.
Intanto in paese serpeggia il timore che quanto accaduto possa innescare una spirale di vendette. «Lollobrigida non era l’unico ad aver pestato Giuliano – dicono in molti – c’erano altri quattro, anche un parente». La comunità è scossa, ma coesa attorno a un uomo che, per tanti, ha solo trasformato un dolore insostenibile in un gesto estremo.