
Quarticciolo, arrestati due spacciatori tunisini di 19 e 21 anni

La tensione al Quarticciolo non si placa, tra episodi di violenza, spaccio e proteste crescenti. Nelle ultime ore sono stati emessi provvedimenti di espulsione per sei migranti irregolari coinvolti nell’aggressione a poliziotti durante un’operazione antidroga. Tra questi, un 25enne tunisino, fuggito dopo l’arresto di giovedì, sarà rimpatriato. Inoltre, due giovani connazionali di 19 e 21 anni sono stati arrestati mentre spacciavano crack e cocaina. La zona, storicamente nota come uno dei principali epicentri dello spaccio romano, continua a essere presidiata da forze dell’ordine e controllata da organizzazioni criminali che, negli ultimi anni, hanno delegato le attività illecite alla manovalanza nordafricana. Solo negli ultimi due mesi, i carabinieri della compagnia Casilina hanno arrestato quasi 50 persone, sequestrando ieri 199 dosi di cocaina abbandonate in un’auto dopo un inseguimento.
Nel quartiere, però, non si discute solo di repressione. L’assemblea organizzata dal movimento “Quarticciolo ribelle” ha riunito collettivi e residenti per protestare contro il decreto Caivano e il modello di intervento straordinario annunciato dal Governo. “Roma non è Caivano”, ribadiscono i manifestanti, denunciando il rischio di interventi che ignorino il tessuto sociale locale, fatto anche di realtà virtuose come spazi occupati e centri culturali. Durante l’assemblea è stato annunciato un corteo per il primo marzo, che sfilerà tra i lotti popolari del quartiere, con la partecipazione di delegazioni da altre periferie italiane, come Scampia. Intanto, le forze dell’ordine rafforzano la loro presenza: ieri il questore Roberto Massucci ha visitato il commissariato Prenestino per incontrare i poliziotti aggrediti, annunciando l’arrivo di 29 nuovi agenti al distretto Casilino.
Il Quarticciolo rappresenta uno scenario complesso, dove il degrado urbano e la criminalità si intrecciano con dinamiche sociali critiche. La radicalizzazione di giovani emarginati, spesso nordafricani, preoccupa anche gli investigatori antiterrorismo, che temono derive simili a quelle vissute nei sobborghi parigini. La presenza di vedette agli angoli delle strade e le minacce ai giornalisti fotografi durante le manifestazioni evidenziano un clima di controllo criminale radicato. La mobilitazione prevista per il primo marzo, che potrebbe attirare anche antagonisti e anarchici, rappresenta un banco di prova per il quartiere e per le istituzioni, impegnate a cercare un equilibrio tra repressione e rigenerazione sociale.