
Omicidio di Fregene, rinvenuto sangue sulle ciabatte della nuora

Nel giallo che avvolge la tragica morte di Stefania Camboni, la 58enne brutalmente uccisa nella sua villa di Fregene, emerge un dettaglio che focalizza l’attenzione degli inquirenti su una sola persona: Giada Crescenzi, la compagna del figlio della vittima. A inchiodare la 31enne, al momento unica indagata, sarebbero le copiose tracce di sangue rinvenute su entrambe le sue ciabatte, invisibili a occhio nudo ma scoperte grazie a un doppio esame tecnico-scientifico.
Giada Crescenzi resta in carcere. Il GIP di Civitavecchia ha convalidato la custodia cautelare, pur non convalidando il fermo per presunto pericolo di fuga, motivandola con il pericolo di inquinamento delle prove. L’ipotesi di reato è di omicidio aggravato dalla minorata difesa e dall’abuso di relazioni domestiche e di ospitalità. Le indagini proseguono serrate per accertare la responsabilità della Crescenzi ed escludere il coinvolgimento di altre persone. La ferocia del delitto – oltre 30 coltellate inferte con un coltello da cucina ancora non ritrovato – lascia gli inquirenti convinti della necessità di fare piena luce sull’accaduto.
Il decreto di fermo ricostruisce gli elementi trovati sulla scena del crimine e le azioni di chi ha scoperto il cadavere: il figlio della vittima, Francesco Violoni, rientrato nella villetta alle 7.10 di venerdì mattina con dei cornetti, su messaggio della fidanzata che alle 6.45 gli aveva scritto di voler fare colazione. Al suo rientro, Violoni trovò l’inferriata esterna e la porta d’ingresso aperte e la casa a soqquadro. Insieme alla fidanzata, scoprì il corpo della madre al secondo piano, coperto da cuscini. I due si recarono immediatamente alla stazione dei carabinieri di Fregene.
Ascoltata dagli inquirenti, la Crescenzi ha dichiarato di aver visto la Camboni intorno all’una di notte, quando la vittima era salita in camera da letto dopo averla salutata mentre lei si era già ritirata nella sua stanza al primo piano. Verso le 4.30, si sarebbe svegliata per andare in bagno, sentendo la donna russare. Poi, all’alba, il messaggio al fidanzato. L’auto della Camboni è stata ritrovata a 150 metri dalla villetta, fuori strada e con il finestrino del guidatore abbassato.
Un elemento cruciale che emerge dagli indizi è la contraddizione tra le dichiarazioni del figlio e dell’indagata riguardo alla presenza di sangue. Se Violoni ha affermato di non averne visto, la Crescenzi ha sostenuto di aver visto abbondante sangue sulle lenzuola, circostanza che avrebbe notato insieme al fidanzato.
Gli accertamenti si concentrano anche sulle ciabatte della 31enne, sulle quali sono state trovate «voluminose tracce di sangue, non visibili a occhio nudo, ma emerse dopo un doppio esame tecnico-scientifico, sotto la suola di entrambe le ciabatte in uso esclusivo dell’indagata chiaramente oggetto di un goffo tentativo di occultamento delle tracce». La Procura ritiene che «le ciabatte sono state sicuramente lavate».
A complicare ulteriormente il quadro, le ricerche trovate sul cellulare della Crescenzi: una, risalente presumibilmente alle 4.30 del mattino, su come cancellare tracce ematiche dal materasso (sul materasso della vittima è stata trovata un’ampia macchia nascosta); l’altra, quasi contemporanea, su come uccidere una persona con l’avvelenamento. L’indagata ha giustificato la prima ricerca con una macchia di sangue mestruale sul proprio materasso e la seconda con la volontà di trovare come avvelenare le piante del giardino. Tuttavia, in sede di interrogatorio, ha negato di aver lavato le ciabatte sulle quali sono state trovate le tracce ematiche.
Le indagini proseguono nel tentativo di ricostruire con precisione la dinamica dell’omicidio e di fare luce sul movente che ha armato la mano dell’assassino.