
Monopattini in sharing a Roma, Santilli boccia Gualtieri

Questione monopattini a Roma: Gianluca Santilli, coordinatore della commissione nazionale cicloturismo, commenta le norme che entreranno in vigore a gennaio della giunta Gualtieri ed evidenzia quanto siano nella direzione opposta rispetto all’obiettivo di ridurre il traffico.
Problemi a Roma? Eccone un’altro, la presenza di troppi monopattini, che vengono lasciati in sosta selvaggia e soprattutto davanti alle auto parcheggiate in quadrupla fila. Per Gianluca Santilli, presidente dell’Osservatorio Bikeconomy e coordinatore della commissione nazionale cicloturismo istituita ad agosto, non rappresenta un problema cosi grande e ci sorride su quando viene elencato come uno dei problemi principale di Roma.
La giunta Gualtieri vuole dare una stretta ai servizi di sharing nella Capitale, stretta di cui non sono ancora state rese note le esatte modalità, ma soltanto l’inquadramento: una generale diminuzione dei mezzi dislocati in città. Ed è su questo che cade, implacabile, il giudizio di Santilli. Secondo cui tagliare il numero di monopattini a disposizione della città, e mettere regole più severe agli operatori, va nella direzione opposta a quella tracciata con i pieni di riduzione di traffico e inquinamento.
Con il nuovo bando, della giunta di Roma Capitale, a partire dal primo gennaio 2023, il numero di operatori attivi nel comune diminuirà dagli attuali 7 a 3, e i mezzi passeranno da 14.500 a un massimo di 9.000, di cui 3.000 nelle zone centrali. Le e-bike diminuiranno passando da da 12.500 a 9.000.
Le parole di Gianluca Santilli nella prefazione dello studio condotto da Lime, uno degli operatori di sharing presente a Roma: “La mobilità sostenibile è un parametro essenziale e trasversale del processo di cambiamento delle città. La soluzione, che quasi ovunque viene ritenuta vincente, è quella di sostituire l’auto con un mix di trasporto pubblico locale e strumenti di micromobilità. Tuttavia, per facilitare l’intermodalità del trasporto è anche possibile e opportuno non usare una bicicletta o un monopattino di proprietà, viste le difficoltà di trasportarli sui mezzi del TPL, e ricorrere invece ai mezzi in sharing”.
Continua Santilli: “Ricordando che le auto private circolanti sono 1.7 milioni e che ogni grande metropoli sta operando al fine di ridurne drasticamente il numero, la decisione assunta dalla giunta capitolina non appare giustificata, né giustificabile, ed è auspicabile un ripensamento che allinei la visione della mobilità di Roma a quella di Parigi, Londra, New York, Madrid, Berlino”.
Santilli approfondisce a Romatoday: “A oggi non ci sono direttive a livello nazionale a tema di micromobilità e sharing, cosa che invece sarebbe molto utile, lasciando poi ai singoli territori la possibilità di entrare nello specifico e contestualizzare a seconda delle proprie esigenze. Il vero tema è ridurre l’uso dell’auto privata, e per questo la micromobilità è fondamentale. Non serve moltissimo tempo e non servono moltissimi soldi: Parigi ha iniziato nel 2015, Roma è gemellata, dovremmo prendere esempio. La capitale tra l’altro ha anche il record negativo in termini di tempo necessario per trovare parcheggio, il che si traduce in invivibilità. Dobbiamo invece andare verso la vivibilità dei cittadini e dei turisti. Mi sembra però che la direzione presa con questa delibera vada in senso opposto agli obiettivi posti, e che la giunta Gualtieri stia prendendo decisioni un po’ strane, controcorrente”.
Conclude Santilli: “La mobilità in sharing in quest’ottica andrebbe dunque potenziata, e non ridotta. Non solo dal punto di vista dei monopattini, ma anche da quello delle biciclette a pedalata assistita, di cui c’è sempre maggiore richiesta difficile da soddisfare alla luce dei mezzi a disposizione. Questa visione, si inserirebbe alla perfezione nel modello di “città dei 15 minuti”, cavallo di battaglia della giunta Gualtieri, ho sempre sostenuto che Roma sia la città perfetta per diventare un modello di città dei 15 minuti. Ha un clima straordinario, ha fiumi, pachi e il centro. Ma se la mobilità non è smart non è smart la città, che così facendo perde anche investimenti e attrattiva, anche per gli operatori. Come per Lime che ha speso decine di milioni e che in futuro potrebbe non più investire.