
Molisso e Bennato, i boss che gestivano le piazze dello spaccio a Roma

Un’organizzazione criminale che ha conquistato il monopolio della droga a Roma, imponendosi con violenza e terrore. Giuseppe Molisso e Leandro Bennato, i nuovi “re” della Capitale, sono riusciti a controllare tutte le piazze di spaccio, imponendo la cocaina a prezzi più alti e garantendo protezione. Fino al blitz dei Carabinieri, che ha sgominato la loro organizzazione. La loro scalata, dall’omicidio di Fabrizio “Diabolik” Piscitelli (per il quale sono indagati come mandanti), è stata inarrestabile.
«Una straordinaria espansione», scrive il gip che ha firmato l’ordinanza di arresto per 26 persone, rilevando la «natura inedita» rispetto alle organizzazioni dedite al narcotraffico. Forti dello stretto rapporto con il boss Michele Senese, Molisso e Bennato erano diventati i registi di tutte le piazze di spaccio romane. La droga arrivava soprattutto da due albanesi residenti a Dubai, e ogni pacco garantiva entrate per 120 mila euro. Fiumi di soldi, cocaina, hashish e marijuana distribuiti nei quartieri della Capitale. In cambio, garantivano potere indiscusso ai loro “capi bastione” con minacce, omicidi, sequestri e botte.
«Lo chiamano “l’innominabile”, dottore, hanno paura tutti… pure sti ragazzetti crescono tutti con il nome di Peppe Molisso e Bennato e sta cosa si rafforza. Molisso è diventato il Michele Senese di dieci anni fa. E Bennato uguale», così Simone Capogna, collaboratore di giustizia, descriveva il potere acquisito dall’organizzazione. «Fanno paura, guardi negli occhi Molisso e Bennato e non vedi espressività. Ti guardano, ma è come se non ti guardassero. Molisso è una persona che decide cose importanti, non parlo di droga, ma di ammazzare un cristiano, di torturare una persona, pure di dire: “Andate a prendere quello e sfondatelo”, si vede, è spento negli occhi. Non gli leggi niente dentro. Loro non ti danno espressività, non ti danno sensazioni. Fanno paura».
«Molisso aveva questa forza perché è una persona di carattere che non ha bisogno di nessuno. È uno pericoloso, che ti spara in faccia». «È ritenuto il figlioccio di Senese e questo gli attribuiva maggiore autorità criminale», annota il gip. Le intercettazioni raccontano che quando Bennato viene fermato nel 2018 si trovava in compagnia di Vincenzo Senese, figlio di Michele ‘o pazz. «All’incontro partecipavano Vincenzo, Giovanni Senese, Davide Senese e Angelo Senese. Dal colloquio si comprendeva la preoccupazione della famiglia Senese sulle conseguenze potenziali che Vincenzo avrebbe potuto subire dall’arresto di Bennato».
Nonostante la detenzione, Molisso e Bennato continuavano a impartire direttive e a dirigere il sodalizio criminale, demandando la reggenza al loro uomo di fiducia, Emanuele Selva. L’associazione, «conseguendo il monopolio dell’approvvigionamento delle piazze di spaccio e imponendosi in modo sovraordinato alle organizzazioni storicamente presenti in Tor Bella Monaca, ha raggiunto un eccezionale obiettivo in termini di guadagno e ha consolidato la sua autorità criminale». Uno spazio organizzato come a Scampia.
La forza di Molisso e Bennato derivava dalla loro risolutezza nell’uccidere, spiegano i fratelli Capogna. E gli episodi ricordati nell’ordinanza sono numerosi: torture, agguati, tentati omicidi. «Fatemeli trovare la moto, gli sparo io». «Si è inceppata la pistola, sennò erano morti». Giombini, dopo un furto, è stato torturato per giorni ed è morto dopo essere stato lasciato per strada seminudo. Una vicenda per la quale Bennato è già stato condannato in primo grado.