
Meloni incontra Abu Mazen e rivendica il ruolo dell’Italia nella crisi di Gaza
Brilla il sole su Atreju mentre, a migliaia di chilometri di distanza, la Striscia di Gaza viene colpita da una nuova tempesta che devasta ciò che resta dei campi profughi. Il contrasto è netto e attraversa la giornata simbolo della kermesse di Fratelli d’Italia, allestita a pochi passi dal Vaticano, sotto l’ombra imponente di Castel Sant’Angelo. È in questo scenario che la politica italiana incrocia uno dei drammi più laceranti della scena internazionale, con l’arrivo a Roma del presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, Abu Mazen, ospite d’onore di Atreju.
L’intervento del leader palestinese è attesissimo e la piazza è gremita. Ad accompagnarlo sul palco è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, reduce da un bilaterale a Palazzo Chigi incentrato sul futuro di Gaza e sugli sviluppi del Piano Trump, a due mesi dall’accordo di pace siglato a Sharm el Sheikh. La premier coglie l’occasione non solo per presentare Abbas, ma anche per respingere con decisione le accuse che, dall’inizio del conflitto seguito all’attacco del 7 ottobre, sono state rivolte al governo italiano. Accuse di immobilismo o di un presunto allineamento acritico a Israele che Meloni definisce infondate.
«La presenza del presidente Abbas dimostra quanto l’Italia sia stata centrale e protagonista, non solo nella gestione della crisi ma anche nel difficile percorso verso la pace», afferma dal palco, rivendicando un ruolo attivo e respingendo quelle che definisce «falsità ascoltate negli ultimi due anni». Un intervento accolto da applausi, mentre il ministro della Difesa Guido Crosetto annuncia di aver querelato i giuristi e gli avvocati che avevano denunciato il governo per concorso in genocidio, parole durissime pronunciate poche ore prima sempre ad Atreju.
Abu Mazen, novantenne, legge bene la platea. Ringrazia Meloni, saluta la leadership di Fratelli d’Italia e augura «buon Natale» in un italiano incerto ma efficace. L’applauso più sentito arriva quando parla della sua terra martoriata e del desiderio di «vivere con libertà e dignità». Il presidente dell’Anp ribadisce la disponibilità a elezioni parlamentari e presidenziali, ma insiste su un punto chiave: «L’assenza di uno Stato palestinese è fonte di instabilità e di estremismo che mette a rischio la sicurezza di tutta la regione». Da qui l’appello all’Italia affinché prosegua sul percorso del riconoscimento della Palestina, tema sul quale Meloni conferma apertura ma con cautela, legandolo alla creazione di condizioni concrete.
La giornata si muove così su più livelli, tra diplomazia, politica interna e pressioni internazionali. Dalle indiscrezioni provenienti dagli Stati Uniti, secondo cui Washington avrebbe chiesto ai Paesi europei un maggiore coinvolgimento nella Striscia, fino alla strategia italiana che cerca un equilibrio tra l’alleanza con gli Usa e il dialogo con il mondo arabo. Meloni e Abbas concordano sulla necessità di consolidare il cessate il fuoco e di sostenere un piano di stabilizzazione e ricostruzione di Gaza, insieme a un programma di riforme dell’Autorità palestinese.
Nel pomeriggio, mentre Abu Mazen lascia Atreju, emergono anche richiami alla storia della destra italiana. Gianfranco Fini, seduto in platea accanto ai vertici di Fratelli d’Italia, ricorda come «fin dai tempi del Fronte della Gioventù ci siamo battuti per la libertà del popolo palestinese, sempre insieme al sacrosanto diritto di Israele di esistere». Un filo di continuità che Crosetto ribadisce poco dopo, in un confronto ironico e serrato con Marco Travaglio, tra politica estera, Ucraina e rapporti con gli Stati Uniti.
In una giornata densa di simboli, Atreju diventa così il palcoscenico di un messaggio politico preciso: l’Italia rivendica un ruolo di primo piano nello scenario mediorientale, cercando di tenere insieme sicurezza, diplomazia e prospettiva di pace, mentre il conflitto continua a segnare profondamente il presente.