
Matteo Piantedosi: “Dalla Cgil un appello alla rivolta sociale”

Dopo una giornata segnata da cortei, scontri e tensioni in tutta Italia, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è salito sul palco della Leopolda a Firenze. L’ex prefetto di Roma ha tirato un bilancio della maxi mobilitazione pro-Palestina che, secondo la Cgil, ha portato in piazza oltre due milioni di persone in cento città, ma che per il Viminale si sarebbe fermata a circa 500mila partecipanti. «Ringrazio per il lavoro paziente e difficile delle forze dell’ordine», ha detto il ministro, sottolineando che, nonostante la giornata tesa e i trenta agenti feriti, «il bilancio provvisorio ci lascia ben sperare anche per la giornata di sabato».
Intervistato alla kermesse renziana da Matteo Renzi, Piantedosi non ha risparmiato frecciate alla Cgil e all’Usb, organizzatrici delle manifestazioni. «Non una guerra politica, ma un appello alla rivolta sociale», ha commentato, in riferimento alle parole di Maurizio Landini e alle accuse di Meloni e Salvini, che avevano definito la protesta una “fuga per un weekend lungo” e “guerra politica”. Il ministro si è poi detto perplesso sull’uso dello sciopero generale per motivi internazionali, osservando come «i temi portati in piazza non siano più quelli economici o dell’occupazione, su cui il governo sta ottenendo risultati come non si vedevano da decenni».
Il titolare del Viminale ha ribadito che l’allerta resta massima per l’ordine pubblico, viste le tensioni registrate da nord a sud. «L’escalation va sempre temuta, perché anche una manifestazione pacifica può prendere tutt’altra piega», ha spiegato, aggiungendo che «come governo facciamo sempre professione di preoccupazione, pronti a reagire in ogni circostanza». Parole che confermano la linea della fermezza adottata da Piantedosi, rivendicata tra gli applausi del pubblico della Leopolda.
Nell’ex stazione fiorentina, dove erano presenti anche il sindaco Beppe Sala e il governatore Eugenio Giani, Piantedosi è stato accolto calorosamente dal pubblico di Italia Viva, ricevendo strette di mano e richieste di selfie. Solo qualche mormorio quando l’intervista ha toccato il tema dello sgombero della sede di Casapound a Roma. Il ministro ha assicurato che «il momento dell’addio all’occupazione abusiva si sta avvicinando», ricordando che l’edificio è da tempo inserito nella lista degli immobili da liberare redatta proprio quando lui era prefetto della Capitale. «Quando ero prefetto, facevo spesso uno sgombero di destra e uno di sinistra nello stesso giorno», ha aggiunto, ironizzando sulla propria imparzialità.
Non sono mancati momenti più leggeri tra il ministro e l’ex premier, legati da un rapporto di amicizia di lunga data. Renzi lo ha punzecchiato con allusioni ironiche al busto di Cicerone che Piantedosi tiene nel suo ufficio – «almeno qui siamo tranquilli, non è come altri busti istituzionali», ha scherzato – e sulla gestione dei fondi per le forze dell’ordine. Divergenze solo sul tema dei centri in Albania per migranti, con Renzi scettico («non fun-zio-ne-ran-no!») e Piantedosi convinto: «Ci vediamo alla prossima Leopolda, ti dimostrerò che funzioneranno».