
Legge sulla violenza sessuale, slitta l’iter sino a febbraio
Il cammino del disegno di legge sulla violenza sessuale e sulla definizione di consenso “libero” e “attuale” rallenta bruscamente. Dopo lo stop improvviso della maggioranza, il percorso riparte ma con un passo diverso da quello atteso dalle opposizioni. A scandire i tempi è la presidente della Commissione Giustizia, Giulia Bongiorno, che indica un iter molto più lungo di quanto previsto inizialmente: entro lunedì i gruppi dovranno inviare le richieste di audizione, poi un mese di approfondimenti “mirati” con giuristi ed esperti, e solo dopo la fase emendativa. «In commissione la legge sarà pronta a gennaio», spiega la senatrice leghista, aggiungendo che l’approdo in Aula «potrà avvenire a febbraio».
Una frenata che non piace alle opposizioni, convinte che la maggioranza stia cercando di “affossare” un testo che era stato presentato come frutto di un’intesa storica tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Da sinistra parlano apertamente di un “patto tradito”. Nel campo di governo, invece, si difende la necessità di un supplemento di approfondimento, definito un «surplus di riflessione».
La ministra Eugenia Roccella respinge ogni accusa di retromarcia: «Nessuno stop, ci sono perplessità sollevate da avvocati e penalisti», dice, soprattutto sul tema dell’onere della prova. Anche il ministro Carlo Nordio punta sulla tecnica legislativa: secondo lui serve grande precisione per evitare «interpretazioni eccentriche» in futuro. Più politico il giudizio di Matteo Salvini, convinto che la formulazione attuale del consenso attuale possa aprire la strada a «vendette personali e tribunali intasati».
La questione centrale riguarda proprio la definizione di “attualità” del consenso, concetto che la maggioranza vuole verificare meglio dopo le audizioni. Bongiorno stessa ammette che non c’è un rischio reale di “rovesciamento dell’onere della prova”, ma riconosce che la norma potrebbe sembrare un cambiamento troppo brusco rispetto al passato: «La legge vecchia era scritta tutta a favore dell’uomo», afferma, aggiungendo che molti temono un’eccessiva valorizzazione soggettiva della parola della vittima.
Intanto, sullo sfondo, si intrecciano analisi politiche e retroscena. Nel centrosinistra c’è chi ironizza sulla confusione nella maggioranza paragonandola a “Assassinio sull’Orient Express”, dove trovare il responsabile è impossibile. Nei primi momenti qualcuno ha sospettato un calcolo elettorale della Lega in vista delle regionali, ma questa lettura non convince: il capogruppo del Carroccio, Massimiliano Romeo, aveva già segnalato dubbi agli alleati venerdì scorso, dopo un confronto diretto con Bongiorno.
La stessa presidente della commissione, raccontano fonti parlamentari, non avrebbe gradito la scelta del presidente del Senato, Ignazio La Russa, di accelerare bypassando l’esame approfondito in commissione. Una decisione vista come uno sgarbo istituzionale e personale, considerando l’impegno storico di Bongiorno contro la violenza di genere.
A complicare il quadro c’è anche la resistenza interna a Fratelli d’Italia e Forza Italia, dove serpeggia la preoccupazione che una legge sul consenso così scritta possa «dare troppo potere ai magistrati», proprio mentre il governo sta spingendo per una riforma della giustizia in senso opposto.
Il ddl sul consenso si trasforma così nell’ennesimo terreno di scontro politicamente sensibile, destinato a intrecciarsi, inevitabilmente, con la campagna referendaria e con le tensioni tra i partiti della maggioranza.