
L’appello di Leone XIV: pace, responsabilità e dialogo per un mondo ferito
Nel giorno di Natale, il pensiero di Leone XIV si è rivolto a chi soffre in ogni parte del mondo, in un messaggio denso di richiami spirituali e di appelli concreti alla responsabilità individuale e collettiva. Durante la messa di Natale e nel tradizionale messaggio Urbi et Orbi, il Pontefice ha intrecciato il mistero dell’Incarnazione con le ferite aperte dell’umanità contemporanea, indicando nel dialogo e nella solidarietà la via per respingere odio e violenza.
«Poiché il Verbo si fece carne, ora la carne parla, grida il desiderio divino di incontrarci. Il Verbo ha stabilito fra noi la sua fragile tenda», ha detto il Papa, invitando a non distogliere lo sguardo dalle sofferenze concrete del nostro tempo. Il riferimento è andato alle «tende di Gaza, da settimane esposte alle piogge, al vento e al freddo», ma anche ai rifugi di fortuna di profughi e senza dimora presenti «in ogni continente e dentro le nostre città». Un richiamo forte alla dignità umana, che non può essere sospesa né ignorata.
Nel corso dell’omelia, Leone XIV ha ricordato come «tanti fratelli e sorelle non hanno parola, spogliati della loro dignità e ridotti al silenzio», sottolineando che «la carne umana chiede cura, invoca accoglienza e riconoscimento». Citando Papa Francesco, ha ribadito: «Gesù vuole che tocchiamo la miseria umana, che tocchiamo la carne sofferente degli altri». Parole che richiamano una Chiesa chiamata non a osservare da lontano, ma a farsi prossima, missionaria, capace di camminare su sentieri difficili.
Il Pontefice non ha nascosto la complessità del tempo presente. «Il Vangelo non nasconde la resistenza delle tenebre alla luce», ha affermato, spiegando che il cammino della Parola di Dio resta una strada impervia, segnata da ostacoli. Eppure proprio il Natale, ha aggiunto, «rimotiva una Chiesa missionaria, sospingendola sui sentieri che la Parola di Dio le ha tracciato», anche quando incontra cuori inquieti e resistenti.
Nel messaggio natalizio è arrivato anche un appello diretto alla responsabilità personale come fondamento della pace. «Chi non ama non si salva, è perduto», ha ammonito il Papa, indicando una strada chiara: «Se ognuno di noi, invece di accusare gli altri, riconoscesse prima di tutto le proprie mancanze e ne chiedesse perdono a Dio, mettendosi nei panni di chi soffre, il mondo cambierebbe». Da qui l’invito esplicito: «Possiamo e dobbiamo fare ognuno la propria parte per respingere l’odio, la violenza, la contrapposizione e praticare il dialogo, la pace, la riconciliazione».
Uno dei passaggi più forti dell’Urbi et Orbi è stato dedicato al conflitto in Ucraina. Affidando il continente europeo al Principe della Pace, Leone XIV ha chiesto che «si arresti il fragore delle armi» e che «le parti coinvolte trovino il coraggio di dialogare in modo sincero, diretto e rispettoso», con il sostegno della comunità internazionale. Un appello che si inserisce in una visione più ampia di Europa solidale, fedele alle proprie radici e capace di accoglienza.
La giornata natalizia si è conclusa anche con un momento simbolico del Giubileo. Alle 18.09 del 25 dicembre è stata chiusa la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore, con il rito officiato dal cardinale Rolandas Makrickas. Nei giorni successivi toccherà alle basiliche di San Giovanni in Laterano e San Paolo Fuori le Mura, fino al 6 gennaio, quando la chiusura della Porta Santa di Basilica di San Pietro segnerà la conclusione del Giubileo.