
La Cassazione nega il risarcimento a una donna caduta a Trinità dei Monti
La scalinata di Trinità dei Monti è irregolare, antica, consumata dal tempo. Ma proprio per questo, secondo la Corte di Cassazione, chi la percorre deve prestare la massima attenzione. È quanto emerge dalla sentenza con cui i giudici hanno respinto il ricorso di una donna che chiedeva 130 mila euro di risarcimento al Comune di Roma per le gravi lesioni riportate dopo una caduta avvenuta il 5 luglio 2014. La Suprema Corte ha confermato quanto stabilito dai primi due gradi di giudizio: l’incidente non fu causato dallo stato della scalinata, ma dalla mancata prudenza della vittima. Nelle motivazioni gli Ermellini parlano apertamente di «distrazione» e ribadiscono che si tratta di un bene monumentale sui cui non è possibile intervenire con opere di manutenzione ordinaria.
La donna era scivolata lungo la prima rampa sostenendo che i gradini, consumati e sconnessi, fossero estremamente scivolosi nonostante il bel tempo e l’assenza di pioggia. Aveva riportato la lussazione del gomito sinistro con fratture multiple e la rottura di un piede, con postumi permanenti del 22%. In sede civile aveva denunciato la mancanza di cartelli di pericolo e di qualsiasi presidio antinfortunistico. Ma i giudici hanno escluso responsabilità del Campidoglio, condannandola anche al pagamento delle spese processuali, pari a 7.700 euro.
Riprendendo la decisione della Corte d’appello di Roma, la Cassazione evidenzia come la donna, in interrogatorio, avesse dichiarato di conoscere bene la scalinata e di essere scesa con una visuale completamente libera. L’assenza di pioggia, di persone davanti a lei e di condizioni di scarsa visibilità, secondo i magistrati, avrebbe dovuto renderla consapevole dell’irregolarità dei gradini, ampiamente nota ai romani e ai turisti. «La condizione delle scale doveva essere a lei visibile», si legge nella sentenza.
Gli Ermellini aggiungono un principio chiave: «Una caduta su una scala non equivale a una caduta a causa della scala», se non si dimostra che la struttura presenti un pericolo specifico e anomalo. Nel caso di Trinità dei Monti, spiegano, non esiste alcun dinamismo intrinseco né una situazione eccezionale imputabile al Comune. Al contrario, trattandosi di un monumento tutelato, il margine di intervento è minimo e non può alterarne le caratteristiche originarie.
Per la Cassazione, dunque, la responsabilità ricade sulla condotta dell’utente: «Quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata mediante l’adozione di normali cautele, tanto più rilevante è l’efficienza causale del comportamento imprudente». Una conclusione che ribadisce come monumenti antichi e superfici storiche richiedano una prudenza superiore.